Il tablet, secondo quanto riporta La Repubblica, è stato utile per sostenere l’apprendimento di conoscenze e metodi spendibili nella didattica (18,42% dei rispondenti), produrre strumenti e materiali in classe (11,62%), aumentare la motivazione degli studenti (10,53%), recuperare materiali/contenuti utili per l’attività didattica con gli alunni (7,24%), ricevere supporto nella progettazione del percorso (6,38%), confrontarsi e collaborare tra colleghi (5,92%).
Le scuole coinvolte sono le 25 (primarie e secondarie di primo grado in Italia) del progetto Smart future di Samsung.
Il campione della ricerca ha dichiarato di aver compreso che la tecnologia non serve a sostituire la didattica ma vi si aggiunge. Il 35,49% degli insegnanti le attribuiscono il ruolo di aggregante per l’inclusione di studenti stranieri (60%) e diversamente abili (80%). Pensano inoltre che la tecnologia renda gli studenti maggiormente responsabili (46%) e possa incidere anche sul rendimento (46%) e l’aggregazione (58%).
Per i genitori, il tablet serve soprattutto “a fare squadra” in classe (53,68% del campione), mentre sono meno quelli (23,44%) secondo cui la tecnologia aiuterà i figli ad acquisire competenze diverse o a beneficiare (23,25) di una didattica innovativa.
“Nelle poche scuole che hanno tablet, l’80 per cento usa modelli Android e il 20 per cento l’iPad di Apple”, spiega Paolo Ferri, docente dell’università Bicocca di Milano e tra i massimi esperti di questi temi. “Ma risulta una certa polarizzazione: gli iPad ci sono soltanto nelle scuole private e paritarie, perché quelle pubbliche non possono permettersene il costo e preferiscono modelli low cost Android, di Samsung o di marche minori”.
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