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Il 2 novembre è la “Giornata mondiale dell’Onu per il contrasto all’impunità dei crimini contro i giornalisti”

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“Ossigeno (acronimo di OSservatorio Su Informazioni Giornalistiche E Notizie Oscurate) per l’informazione”, onlus, che monitora intimidazioni e minacce nei confronti dei giornalisti italiani, ha reso noto, alla vigilia della Giornata mondiale dell’Onu per il contrasto all’impunità dei crimini contro i giornalisti che si celebra ogni anno il 2 novembre, che in Italia l’impunità per i reati contro i giornalisti è scesa del 4,7% in tre anni, passando dal 96,7% del 2019 al 92% del 2022, un tasso che resta tremendamente ancora alto, pur migliorando. 

Nel 2022 l’associazione ha censito 322 cronisti minacciati di morte, di violenze fisiche ma anche intimiditi dalle tante querele ‘temerarie’ o ‘calunniose’, strumento sempre molto diffuso per spaventare o dissuadere i giornlaisti.

Tuttavia solo 27 giornalisti minacciati (su 322) hanno ottenuto una qualche forma di giustizia. Nello specifico, le condanne riguardano il pagamento delle spese processuali, l’arresto o la reclusione dell’autore dell’attacco ingiustificato.

Ad oggi – dunque scrive Agi- non hanno ottenuto giustizia le restanti 295 vittime. Tra queste, 85 (il 26% del totale dei minacciati) ha avuto notizia di indagini in corso da parte delle forze dell’ordine o di avvio di procedimenti giudiziari per l’intimidazione subita. 

L’impunità assoluta, invece, risulta per il 66% del totale degli peratori dell’informazione, per i quali nessuna accusa è stata rivolta formalmente.

Spiega lo sportello legale di Ossigeno: “Il giornalismo in Italia vive molte difficoltà a causa del dilagare di querele per diffamazione che costringono i giornalisti a difendersi in processi penali che nella maggior parte dei casi si concludono con il loro proscioglimento, lasciando tuttavia a loro carico spese e sofferenze”.

 “In Italia ci sono giornalisti che per anni devono difendersi in tribunale, per anni, da accuse false, che prima che sia provata la loro innocenza devono sopportare sofferenze personali e spese che in molti casi nessuno rimborsa neppure dopo che la loro innocenza è stata sancita da una sentenza”.