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Il Governo Meloni non taglierà una scuola, per Valditara avremo solo accorpamenti benefici: le Regioni decideranno quali presidi cancellare

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Chi sostiene che il Governo Meloni taglia le scuole dice bugie. A dirlo è stato il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara. A colloquio con Il Messaggero, il numero uno del dicastero bianco ha detto che la revisione dell’organizzazione scolastica prevista dall’ultima Legge di Bilancio, la prima dell’esecutivo di centro-destra in carica, non comporterà alcuna cancellazione di istituti autonomi: “non ci sarà una scuola in meno in Italia. Chi aveva il proprio edificio scolastico sotto casa, nel proprio Paese o in quello a fianco, continuerà ad averlo”, ha sottolineato Giuseppe Valditara.

Il ministro, invece, non contesta le quasi 700 “fusioni” di dirigenze scolastiche prefissate: secondo Valditara è stata una necessità da attuare “per rispondere alle richieste di razionalizzazione della Ue”. Si procederà, ha continuato, con gli “accorpamenti delle presidenze e toglieremo il limite minimo di 400 studenti per poter creare un’autonomia scolastica”.

Noi comunicheremo il numero, le Regioni decideranno il resto

Questo significa, ha specificato il responsabile del Mim, che toccherà “alle Regioni organizzarsi. Noi daremo un numero di autonomie scolastiche per ogni regione, poi saranno le autorità regionali a decidere se e dove serve una autonomia scolastica, con un dirigente, un suo bilancio, una sua pubblicazione di atti”, ha spiegato ancora Valditara.

Quindi, ha parlato dei benefici che comporterà questa operazione: “nell’arco di 9 anni – ha dichiarato – elimineremo le attuali 866 reggenze, cioè istituzioni già oggi senza titolare, rette dal preside di un’altra scuola, accorpandone 633, così che i presidi che oggi reggevano due autonomie avranno minori attività burocratiche: per esempio un solo bilancio anziché due. Se avessimo applicato la normativa vigente avremmo avuto ulteriori 149 autonomie scolastiche in meno”.

Risparmi e reinvestimenti per chi subirà danni

Il professore leghista ha anche detto che “questa razionalizzazione ci permetterà di avere un “tesoretto” che crescerà negli anni, dai 2,6 milioni di euro del 2024 fino agli 88 milioni del 2032 di fondi risparmiati: questi risparmi resteranno nel sistema scolastico, in particolare migliorando il trattamento economico di presidi e personale amministrativo”.

Secondo il ministro, quindi, i soldi risparmiati dagli accorpamenti delle scuole saranno finalizzati ad incentivare le stesse categorie professionali – presidi, Dsga e Ata – che riceveranno un “danno” non del tutto indolore (si prevedono migliaia di esuberi e trasferimenti coatti nei confronti dei medesimi profili) quando il progetto di mini-dimensionamento avrà esaurito il suo percorso ed entrerà a regime. A seguito del dimensionamento deciso da Governo, in quei territori gli organici di presidi e personale Ata rischieranno di ridimensionarsi.

Tra proteste e risposte

Si tratta di una conseguenza che ha portato, nei primi mesi del 2023, dopo l’approvazione dell’ultima ex Finanziaria, le Regioni CampaniaToscana Puglia ed Emilia Romagna a rivolgersi alla Corte Costituzionale, sentendosi scavalcate su decisioni per le quali dovrebbero perlomeno essere consultate.

Secondo il ministro dell’Istruzione e del Merito, questo modello però produrrà a che cambi positivi per alunni e famiglie: si profilano, con la nostra decisione, “scuole più efficienti, con servizi migliori. E ci sarà una maggiore flessibilità organizzativa per le Regioni, che potranno considerare le peculiarità e le esigenze del territorio”.