
Secondo Loredana Perla, ordinario di Pedagogia all’università “Aldo Moro” di Bari e coordinatrice dei lavori della commissione che ha prodotto le “Nuove indicazioni nazionali” per la scuola primaria e per la secondaria di primo grado, in un articolo su Avvenire spiega: “quella che si delinea nei nuovi programmi è una scuola capace di accostare ai testi tradizionali i contenuti più attuali”, mentre il latino non è affatto operazione nostalgia.
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A cui fa eco, seppure con distinguo sulla scelta di determinati autori e con riserve relative alle reali intenzioni che stanno dietro alle nuove linee, un poeta, soddisfatto soprattutto “sull’importanza della grammatica italiana, del latino e dello scrivere bene, purché non sottenda a una visione elitaria che escluderebbe l’alta percentuale di alunni di origine straniera. La lingua italiana affonda le sue radici nel greco e nel latino ma anche nella lingua araba”. Bene pure l’esercizio della memoria nello studio della poesia.
In ogni caso, continua la pedagogista Perla: “Studi di settore attestano che si diventa bravi parlatori e bravi scrittori, quindi bravi ascoltatori, se si apprende a leggere, a lungo abbiamo sottovalutato l’intelligenza dei bambini, invece hanno la capacità di penetrare i testi classici come quelli moderni e, se sono stimolati a raggiungere gli obiettivi più alti, con insegnanti che sappiano guidarli, si innamorano della scrittura. Non per nulla la commissione è composta dalle massime personalità della cultura. Anche la grammatica è fondamentale non solo per l’uso corretto della lingua, ma anche per l’apprendimento del senso della regola, eppure è stata dimenticata da anni. Certo, non va insegnata in modo nozionistico, se no i piccoli la rigettano, ma è fondamentale per dar loro il senso della chiarezza comunicativa, che è anche un dovere sociale: se capisco l’altro, comunico con lui, lo rispetto. Per questo è fondamentale che lo studio della storia si apra a tematiche finora escluse, come la decolonizzazione, Mani Pulite, il liberalismo”.
In riferimento al Latino, facoltativo alle medie, la pedagogista assicura che non confligge con la realtà di classi multietniche: “Credo gramscianamente che se voglio aiutare i bambini con povertà educative, come quelle linguistiche, devo aiutarli proprio a capire il posto dove stanno crescendo e la lingua che useranno. Certo, il latino non deve essere quello insegnato 40 anni fa, da allora si sono sviluppati approcci pedagogici nuovi, ma sottrarre stimoli elevati a bambini solo perché di altra cultura è un pregiudizio grave”.
Che, a nostro avviso, potrebbe essere ragionamento appropriato, se non ci fosse quel vulnus del “facoltativo” sul quale punterebbero, come del resto accade oggi, in maggioranza quei ragazzi che hanno alle spalle una famiglia che li segue, strumenti a casa per migliorarsi e condizioni economiche adeguate e senza costrizioni per aiutare a tenere su la baracca di casa.
Sostiene infatti, sempre sullo stesso articolo di Avvenire, la presidente nazionale vicaria di Uciim (Unione cattolica insegnanti italiani medi): “Nulla in contrario al latino, ma dipende con quale ottica e apertura: è importante che non guardi solo all’italiano, ma all’Europa tutta e agli altri popoli. E che senso ha poi la storia insegnata senza il suo legame inscindibile dalla geografia? Come capire l’espansione dei romani o la guerra russo-ucraina senza esaminare le ragioni legate al territorio? Totalmente d’accordo invece sulla poesia a memoria e sul rafforzamento della grammatica: ricerche neurologiche dimostrano che la memoria si incrementa con l’esercizio, e l’analfabetismo di ritorno tra gli italiani adulti è una realtà, purché non ci siano chiusure ideologiche: ricordiamoci che la lingua, se è viva, cambia e si evolve”.
Claudio Marazzini, presidente onorario dell’Accademia della Crusca, e anche lui membro della commissione ministeriale, dice una cosa abbastanza nota e cioè che il latino “facoltativo esiste già da anni in molte scuole medie ed è il miglior contrasto al pessimismo che deriva dai dati di inchieste internazionali, secondo i quali gli italiani hanno gravi difficoltà nel comprendere un testo scritto. E persino nell’individuare il soggetto di una frase!”.