Home Attualità Il maestro Corlazzoli: “Più ore a scuola? Dateci il cartellino. Si scambia...

Il maestro Corlazzoli: “Più ore a scuola? Dateci il cartellino. Si scambia la professione dei docenti con una missione”

CONDIVIDI

Mentre i vari politici continuano a fare promesse ai docenti, soprattutto per quanto riguarda l’aumento degli stipendi, il giornalista Alex Corlazzoli, insegnante alla scuola primaria, ha spostato l’attenzione su un altro versante, difendendo la sua categoria dagli attacchi di chi afferma che i docenti dovrebbero lavorare più ore di quanto attualmente previsto. In realtà, come spiega Corlazzoli, le ore di servizio dei docenti sulla carta sono molte meno di quelle che effettivamente svolgono.

Gavosto: “I docenti italiani lavorano meno degli europei”. È davvero così?

Corlazzoli ha esposto le sue riflessioni all’interno di un articolo de IlFattoQuotidiano.it. Qui il maestro ha risposto ad un’osservazione che Andrea Gavosto, direttore della fondazione “Giovanni Agnelli”, ha affidato a La Repubblica. In un articolo di qualche settimana fa Gavosto ha fatto notare che, dati alla mano, i docenti italiani lavorano meno ore settimanali dei colleghi europei. “Tra scuola e casa, gli insegnanti italiani dichiarano di lavorare (dati Ocse Talis) 26 ore alla settimana, contro una media europea di 33 ore. Di sicuro, l’insegnante coscienzioso ne fa ben di più, ma siamo certi che non ci sia chi si limita al minimo sforzo, senza che preside, colleghi o famiglie possano lamentarsene? Nel resto d’Europa, queste attività sono disciplinate da contratto e svolte in genere a scuola, con un impegno lavorativo settimanale di fatto a tempo pieno (35 ore in Francia, 38 in Spagna, 40 in Germania). I nostri insegnanti dovrebbero ricevere salari europei e lavorare secondo orari europei: trascorrendo più ore a scuola (in spazi che vanno adeguati e resi più ospitali) a svolgere le attività che permetterebbero di migliorare la qualità degli apprendimenti, in Italia così deficitaria”, ha scritto.

Da qui la risposta di Corlazzoli, il quale ha sottolineato che, secondo la sua esperienza diretta, questo quadro è quanto più lontano dalla realtà ci possa essere. “In Italia la maggioranza degli italiani è convinta che il maestro e il professore entrino in classe e inizino a far lezione dopo aver bevuto il caffè e letto il giornale. Non solo. Il mantra del ‘fate tre mesi a casa’ è il cavallo di battaglia dei detrattori della scuola”, ha dichiarato.

Più ore di scuola: dove e quando?

A proposito della proposta di Gavosto il maestro e giornalista non ha potuto fare a meno di farsi alcune domande: “La pecca di Gavosto è che frequenta poco la vita di ogni giorno nella scuola. Sono d’accordissimo: dovremmo fare molte più ore a scuola; a studiare; a preparare le lezioni; a fare ricerca. Ma dove? E soprattutto quando? Nel plesso dove insegno non esiste un’aula docenti ma uno spazio esiguo dove ci stanno la collaboratrice scolastica; un paio di stampanti; due o tre personal computer; le mascherine non usate e chi più ne ha più ne metta. Nella maggior parte dei nostri istituti non ci sono aule dedicate agli insegnanti comode ed efficienti. Gavosto (e con lui i politici che blaterano di aumento di stipendio) ha in mente le scuole del Nord Europa e le rare esperienze italiane”, lamenta Corlazzoli.

L’insegnante ha continuato così la sua invettiva: “E poi vogliamo parlare del ‘quando’? Lo sa Gavosto che oltre alle attività di programmazione e le riunioni, tocca a noi insegnanti organizzare il viaggio d’istruzione studiandolo, prendendo contatti, preoccupandosi dei genitori che non pagano in tempo, dei bambini che dimenticano la sacrosanta autorizzazione? Lo sa Gavosto che a ogni suono di campanella c’è il papà di Nicholas che si dimentica di venirlo a prendere e tu resti anche trenta minuti ad aspettarlo? Lo sa Gavosto che nella scuola si è tornati alle riunioni in presenza e ci sono docenti che devono farsi 30-40 chilometri perdendo tempo perché al preside piace così?”.

Ed ecco la provocazione: “Ora io la soluzione ce l’ho: non aumentateci lo stipendio così, ‘tanto per’, ma dateci il ‘cartellino’. Ce l’hanno tutti: gli infermieri; gli spazzini; i medici; gli impiegati di banca. Gli unici a non averlo sono i docenti e i preti. Forse perché oggi si continua a scambiare la professione dell’insegnante con una missione”, ha concluso Corlazzoli, che pensa che il tempo dei docenti a disposizione dei propri alunni non debba essere dato per scontato ma considerato lavoro a tutti gli effetti.