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Il merito entra o non entra in classe?

La repentina approvazione del decreto istruzione, che è stato approvato a tempo di record dal Senato con 151 voti favorevoli, 61 astenuti e solo 15 contrari, è stata accompagnata da qualche circostanziata lamentela e da qualche mal di pancia, di chi, obtorto collo, l’ha dovuta votare.
Infatti Riccardo Mazzoni, componente della VII Commissione Istruzione pubblica, beni culturali, ricerca scientifica, spettacolo e sport, e senatore del PDL, ha evidenziato la contrarietà su alcuni punti del decreto scuola.
In particolare il PDL è critico sull’aumento delle accise sugli alcolici, che inevitabilmente impatterà sui consumi di questo settore d’impresa, generando crisi su crisi.
Inoltre il PDL è contrario alla ripartizione della spesa, volta principalmente a stabilizzare i precari della scuola, tagliando i fondi destinati alla ricerca. Per Mazzoni sarebbe stato preferibile ripartire più equamente queste risorse, in modo che si premiasse il merito professionale dei docenti e delle scuole. E invece, con questo decreto si va nella direzione opposta, ci si dimentica proprio dei fondi per il merito, destinati alle Università virtuose, non assegnando nemmeno un euro, ricordando che ne erano stati previsti 41 milioni. Allora ci si domanda: ma il merito entra o non entra in classe? Il tentativo di fare passare una certa idea di merito all’interno delle scuole è nelle corde del ministro Carrozza, che però teme la rivolta sindacale, proprio su queste tematiche. Il ministro dell’istruzione ha la convinzione che in Italia si creano dei tabù per non cambiare mai niente, mentre è necessario avere quello spirito riformatore per cambiare la scuola italiana. Quindi è in atto un’azione riformatrice, contro i tabù conservatori, che ha portato a sperimentare il liceo di soli 4 anni, e che vorrebbe introdurre, un sistema di reclutamento basato sul merito e pienamente trasparente. È necessario quindi introdurre, all’interno delle scuole, per fare entrare il merito in classe, un sistema meritocratico per chi vuole intraprendere la carriera di insegnante. Rispetto a questa rivoluzione copernicana che la ministra Carrozza, vuole introdurre nelle scuole, per frantumare quei tabù che hanno impedito qualsiasi politica scolastica riformatrice, esistono delle opinioni differenti e contrastanti. In particolare modo c’è chi come Valerio Onida, presidente della Corte Costituzionale, intervenendo al convegno “In difesa della scuola pubblica” organizzato a Milano dalla Società Umanitaria, sostiene che non sia molto utile abbreviare gli studi liceali di un anno, ma può essere forse utile anticipare di un anno l’inizio del percorso scolastico. Molte perplessità esistono da parte dei sindacati, sull’introduzione di un sistema di progressione della carriera degli insegnati legato alla produttività e al merito del docente. Per fare questo, il Ministro pensa di aumentare i poteri di autonomia delle scuole, dando anche la possibilità alle scuole stesse di reclutare gli insegnanti. Il Ministro pensa di dare la possibilità a reti di scuole di selezionare, attraverso procedure trasparenti, i loro nuovi insegnanti quando si rendono disponibili delle cattedre. Ci piace riflettere ed analizzare, con spirito costruttivo, considerando i pericoli che potrebbero nascere per la scuola, se non alzassimo degli steccati contro queste idee riformiste. Idee che in teoria sono condivisibili, ma che conoscendo la cultura antropologica del nostro popolo, potrebbero rivelarsi una vera e propria eutanasia per la scuola pubblica. Lo spaccato della società italiana, che emerge quotidianamente, e non coinvolge soltanto Berlusconi, evidenzia dei limiti concreti per quanto riguarda il merito, la trasparenza e l’etica morale. Quindi pensare che le buone spinte riformiste, proposte dal ministro Carrozza, siano migliori dei tabù esistenti, è tutto da dimostrare.

Lucio Ficara

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