Politica scolastica

Il Miur e l’annuncite: la scuola è davvero al centro del nostro Paese?

Agguantare una poltrona e subito lasciarsi andare alla moda dell’”effetto annuncio”.
Non riuscire, cioè, a trattenersi.
Quasi a dire che il senso di un ruolo dipende dai continui annunci, per giustificare idee e responsabilità.
Come se bastassero le parole.
Perché non parlare, invece, attraverso gli atti, con i fatti?
Perché, piuttosto, non costruire un momento di confronto aperto sul senso e sul ruolo della scuola e della formazione oggi, in vista del domani?
La scuola e la nostra università sono davvero centrate sullo studente e non sul docente?
È davvero un servizio pubblico, oppure uno strumento di calmierazione sociale di settori occupazionali in crisi?
Cosa vogliono dire merito, capacità, competenze?
Ha ancora senso il modello attuale di selezione del personale, visti i risultati?
Quali saperi essenziali e secondo quali percorsi per i giovani di oggi?
La scuola è davvero al centro e al cuore del nostro sistema Paese?
Ieri, entrando in una classe prima liceale, guardando negli occhi i ragazzi mi è balenato al volo un calcolo: hanno 14 anni, e quando usciranno dal sistema formativo, cioè il Liceo e l’università, saremo già nel 2030.
Sembrano anni luce in avanti, eppure è già domani.
Che mondo troveranno, come aiutarli a trovarsi a casa loro in un contesto che sarà totalmente diverso, con professioni e competenze richieste totalmente nuove, mentre altre diventeranno obsolete?
Quali modalità di maturazione culturale potranno dare loro una mano, anzitutto sul piano personale e della cittadinanza attiva, e poi secondo le specificità che sceglieranno nei diversi indirizzi di studio?
Queste le vere domande.
Possibile che a viale Trastevere siano un tabù, o quasi, a parte cioè poche eccezioni?
Ha ancora senso un modello centralistico di pensiero del presente-futuro, abbarbicato strutturalmente solo alla propria auto-conservazione?
Perché lasciarsi andare sulla questione giustificazioni ad una manifestazione che è già disciplinata e di competenze delle scuole, o sul crocifisso in classe, non sapendo di una legge in vigore, e comunque non percependo che non è e non deve essere un elemento divisivo, ma uno dei cuori pulsanti della nostra storia culturale?
Perché, per chiudere, perdersi in chiacchiere?

Gianni Zen

Articoli recenti

Lo Stato, datore di lavoro inadempiente: bloccato l’anticipo del TFS/TFR per i dipendenti pubblici

Molte volte il ministro Valditara ha dichiarato di voler ridare dignità ai lavoratori della scuola.…

30/04/2024

Tanti motivi per votare i candidati/e ATA dei COBAS SCUOLA alle elezioni CSPI del 7 maggio

Del personale Amministrativo, Tecnico e Ausiliario (ATA) si parla solo in termini di efficienza e…

30/04/2024

Vannacci: non sono religioso ma i crocifissi sono parte della nostra vita e sono stati limati. Questa Europa non ci piace

Il vicepremier Matteo Salvini, leader della Lega, ha presentato oggi a Roma, al Tempio di…

30/04/2024

Alunno sbatte la testa del compagno sul banco: genitori chiedono alla scuola di mandarlo via e i figli non entrano in classe

Si parla ancora di bullismo e violenza nelle scuole italiane. Stavolta una classe intera di…

30/04/2024

Violenza sui docenti, una presa colpi di zaino da un alunno e un’altra minacciata da genitori dopo rimprovero: la denuncia

Una docente, secondo quanto riportato da un comunicato del sindacato Gilda Insegnanti di Parma e…

30/04/2024