L’odierno dissesto della scuola è stato originato dal mancato rispetto delle regole del sistema. La contrapposizione tra le leggi degli ultimi 40 anni e l’ordinaria gestione scolastica è profonda: il tradizionale modello, orientato alla trasmissione delle conoscenza confligge con l’aspetto educativo delle discipline, che sono da intendere come palestre di promozione di competenze [mix di capacità/abilità e conoscenze].
Un cambiamento che comporta la sostituzione dell’ordinaria struttura decisionale, avente al vertice il dirigente scolastico, con il disegno organizzativo previsto dalle vigenti norme, che distribuisce le responsabilità tra più soggetti [TU 297/94].
Su questa scena è da collocare la valutazione dei dirigenti scolastici, annunciata in questi giorni dal ministro Stefania Giannini. Il giudizio sarà formulato in base ai seguenti parametri:
a) Capacità d’indirizzo e gestione dell’Istituto;
b) Capacità di gestire e valorizzare le risorse umane;
c) Apprezzamento della comunità verso il DS.
Una nitida conferma del conflitto sopra descritto:
la definizione degli indirizzi generali compete al Consiglio di Istituto che “approva il Piano Triennale dell’offerta formativa” [comma 4 legge 107/2015];
il termine gestione perde il suo significato se dissociato dalla finalità del sistema scuola. La formazione, l’educazione, l’istruzione, l’insegnamento sono i riferimenti dell’attività scolastica [art. 1 DPR 275/99], sostanza del mandato conferito ai diversi soggetti dell’apparato.
L’apprezzamento della comunità è un tipico riferimento della costumer satisfaction, la cui attinenza all’efficacia del servizio è tenue.
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