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Il parroco: perché Caivano sì e Librino no? Da Catania l’appello allo Stato

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Padre Duilio Melissa, da un anno parroco alla chiesa Resurrezione del Signore in viale Castagnola, nel quartiere Librino di Catania, dove per lo più regna una situazione simile a quella di Caivano, rispondendo a una intervista del quotidiano la Sicilia, pone e rilancia la domanda: “Perché Caivano sì e Librino no? Mi sono risposto: attendo, attendiamo. Può darsi che allo Stato serva tempo per muoversi, vediamo come si muoveranno. L’unica cosa che noi possiamo fare e facciamo, come ci insegna il Sinodo, è ascoltare e conoscere le esigenze del territorio e delle persone, allo stesso tempo ascoltare il Signore e muoverci di conseguenza. Non serve fare grandi progetti di intervento che poi falliscono se non si conosce prima con cosa si ha a che fare. Serve partire da cose piccole, che magari poi diventeranno grandi”. 

Intanto da qualche tempo, riporta La Sicilia, all’ingresso dell’ampio complesso di giorno, ma soprattutto di notte, “non si ragiona”. E c’è chi, tra i residenti, non esclude attività illecite e spaccio di droga, nonostante ci si trovi vicino a una chiesa e a una scuola. 

Intanto c’è “la Caritas che distribuisce gli aiuti alimentari – spiega padre Duilio –. Assistiamo circa 200 famiglie della nostra e di altre due parrocchie che non hanno gli spazi adatti. Arrivando qui ho trovato una parrocchia con diverse persone che frequentano, anche famiglie intere, motivate e che collaborano alle attività. Ci sono però anche situazioni di sofferenza e disturbo nei confronti di chi abita nei dintorni. Una sera sono stati chiamati i carabinieri, che sono intervenuti, ma appena andati via la situazione è tornata peggio di prima”.

“Il vero problema, generalizzato nel territorio- spiega il prete-, è che non ci sono più educatori. Quei 25-30enni di oggi sono gli stessi che, magari da bambini, non hanno avuto educatori e quindi non riescono loro stessi ad esserlo. Non sono stati educati e non sanno come educare i loro figli. Spesso il figlio viene visto come un amico, un fratello, e così non è, è tuo figlio. In parrocchia abbiamo volontari della Misericordia e ho proposto al preside del liceo musicale Angelo Musco di essere di aiuto con quei ragazzi che hanno difficoltà, anche e non solo di apprendimento, problemi che a volte nascondono alle stesse famiglie, a volte, nonostante frequentino la scuola, raggiungono un titolo senza saper né leggere né scrivere, cosa che non gli dà certo l’opportunità di crearsi il proprio futuro. Ecco, la scuola li individua, ce li segnala e di pomeriggio li può mandare da noi in parrocchia. Non si tratta di doposcuola, ma di cercare di aiutarli, loro e le famiglie, specie quando si tratta di persone indigenti, quelle che non si fanno avanti per chiedere aiuto. Nel nostro piccolo un aiuto possiamo darlo”.

La gente inoltre non collabora, “non lo dico io, basta vedere i telegiornali per capire perché c’è chi non parla. Invece, se e quando si mostra presenza e interesse, allora sì che la gente inizia a prendere coscienza. E a parlare”.

“Più che un quartiere, Librino è infatti sempre più una città satellite di Catania che, a parte le tante brave persone che ci vivono ma che preferiscono restare “invisibili”, spesso “non vedere, non sentire e non parlare”, prevalere nell’opinione pubblica e nella cronaca gli episodi di delinquenza, spaccio anche nei posti e nelle modalità più impensabili, violenza, il degrado e la mancata ambizione di realizzarsi nella vita, tramandata ormai di generazione in generazione. E Librino, come ogni quartiere, non lo merita”.