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Il prof? Capro espiatorio del declino italiano

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C’è un a nuova figura di vessato dalla società: l’insegnante. E’ solo contro tutti. Ce l’hanno con lui gli allievi, i genitori, la burocrazia, la politica e la cultura dominante. L’insegnante è il parafulmine di tutti i malatempora culturali, civili, etici, economici. Subisce pressioni e stiramenti che nemmeno un collaudo di recipienti sferoidali in ghisa, ma, allo stato dell’arte, è il vaso di coccio.

Linkiesta.it scrive un interessante editoriale sula figura del docente 2.0, mettendo insieme accadimenti che declamano il declassamento dei prof italiani. 

È successo a Torino qualche giorno fa: un gruppo di genitori ha chiesto con toni non proprio amichevoli a una professoressa delle medie di togliere la nota comminata ad alcuni ragazzini, che avevano spinto e maltrattato un bimbo disabile. La mail dei genitori alla prof giudicava il provvedimento “vessatorio”, e chiedeva che l’insegnante si spiegasse con la classe per l’accaduto. Poi ci sono i video su youtube con insegnanti presi a male parole dagli studenti, mentre i genitori si siano trasformati da un po’ in durissimi sindacalisti dei figli, sfruttando  chat su whatsapp, sfogatoio semipubblico di genitori spesso terrorizzati per un qualche pericolo incombente e mortale (i pidocchi, la mensa, l’interrogazione, la giustificazione, gli esami, i colloqui, la passeggiata di classe, e il terrore dei terrori: la gita), che molto spesso riversano il panico sull’adulto che ha la responsabilità di tutto, l’insegnante.

 

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Al di là dell’aspetto psicopatologico collettivo legato al diffondersi del panico e al lato sociopatico dei social, bisognerà dirlo: col venire meno di altre istituzioni (vedi alla voce famiglia, principalmente ma non solo) la scuola è stata caricata di pretese e aspettative enormi. Ci si aspetta che la scuola formi, protegga, indirizzi e coccoli i nostri virgulti. Che gli insegni tutto: dall’essere cittadini educati al lavarsi i denti, dal sesso (siamo sicuri?) alle lingue (più lingue possibile) all’informatica (provocazione: perché?), a fare i riassunti (tranquilli, scherziamo, l’esercizio di comprensione più importante di tutti è parecchio in disuso). E il parafulmine di tutto è sempre lui o lei: il povero la povera insegnante.

I docenti sono stati trasformati in macchine computazionali, alle prese con schede di valutazione, piani di offerta formativa, programmi strettissimi, con un’autonomia di scelta sui contenuti ridottissima

I docenti sono stati trasformati in macchine computazionali, alle prese con schede di valutazione, piani di offerta formativa, programmi strettissimi, con un’autonomia di scelta sui contenuti ridottissima.

Tutto il lato “liberale” dell’insegnamento, il rapporto di libero scambio tra docente e allievo, è stato ingabbiato da una macchina del Metodo, che però da solo non garantisce nulla

Tuttavia, scrive Linkiesta, la parte forse più dolorosa, al momento, riguarda il reclutamento. La buona scuola renziana sarà anche buona in prospettiva, ma da quando è entrata in vigore la confusione regna mentre l’insegnante è solo contro tutti.