Home I lettori ci scrivono Il ricordo di una lezione

Il ricordo di una lezione

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La capacità di ascoltare consegue a quella del contenimento verbale, nella società attuale si ha la possibilità di trasmettere le proprie opinioni dovunque e comunque, e aggiungo in qualsiasi momento. Nella scuola comunicare la propria opinione è stata una conquista dei movimenti studenteschi nati nel 1968.

Assemblee, cortei, manifesti, dazebao, hanno permesso di ascoltare direttamente la voce degli studenti all’intera cittadinanza. In quel contesto storico/sociale il filtro di quella comunicazione si dissolse. L’evoluzione della comunicazione con l’organizzazione delle opinioni si materializzò nei Decreti Delegati del 1974 che armonizzava gli interventi in consigli e rappresentanze.

Questo ha riguardato l’amministrazione scolastica, il processo culturale della trasmissione delle conoscenze e la sua verifica è rimasto unidirezionale, “libertà dì insegnamento”. La tendenza a modificare questo flusso, rendendo partecipi gli studenti, ha sensibilmente migliorato il coinvolgimento delle parti, personalizzando gli insegnamenti. Ora nella scuola italiana si sta concretizzando una tendenza che cerca di superare l’ascolto.

I docenti utilizzano sempre meno la lezione frontale, alcuni l’hanno abbandonata da tempo, il loro impegno è volto a utilizzare altri canali comunicativi o addirittura a sostituirla completamente. Il docente non è più depositario del sapere. L’impegno è volto all’apprendere in modo guidato, si assiste lo studente che viene a scuola in un’azione di tutoraggio.

Il fascino di una bella lezione che ti fa scoprire la realtà, cogliendo relazioni e collegamenti e ti fa immergere in una cultura superiore è sempre più un miraggio. Fare lezione è difficile, spiegare la realtà attraverso la cultura è un’operazione che si rinnova quotidianamente, e allora si ripete il libro.

Alcuni non lo usano affatto, la fonte delle informazioni è nelle tasche di tutti, il sapere del docente è controllato, la lezione sui contenuti è superata. La Lim sposta il punto di osservazione e l’oggettività del sapere dal dalla persona al computer. Il docente si spoglia della sua autorità culturale e diventa un traghettatore. Alcuni colleghi adottano la lezione capovolta: si fa ripetere ai ragazzi senza che questi abbiano assistito alla lezione.

Le prove di realtà, imposte quest’anno dal Ministero, trascendono da lezioni e contenuti svolti. Le competenze si misurano risolvendo situazioni problematiche in cui non necessariamente sono state svolte tutte le conoscenze, queste possono essere raggiunte autonomamente. La lezione sui contenuti viene aggirata e non è più una condicio sine qua non.

Nel triennio le competenze si misurano con l’attività di alternanza scuola lavoro, esperienze extra-scolastiche che sostituiscono gli insegnamenti disciplinari. Diventa inutile anche venire a scuola, ci si presenta per le verifiche programmate. La formazione si svincola dal reale ed è solo uno strumento per acquisire valutazioni. Quando il docente non è più la finestra che apre scenari allora la scuola è un istituto di recupero dove si giustificano apprendimenti che sono come nuvole che si rincorrono nel cielo. Scrivo questo perché mi è giunta non molto tempo fa una mail da Los Angeles in cui un mio ex-studente di Liceo, ora docente universitario affermato, dopo trent’anni è riuscito a rintracciarmi e ha mi ha scritto ”… sono stato fortunato ad averla avuto come docente … ricordo ancora le sue lezioni …” .

Ognuno di noi si porta con sé le lezioni significative che ha ricevuto, fanno parte di noi del nostro modo di essere e pensare, l’istruzione è fondata sul paradigma della lezione, immaginare una scuola senza lezioni è una rivoluzione negativa, un’auto che cammina senza conducente.

Gabriele Fraternali