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Il ritorno dei presidi alla docenza

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Su “Il Messaggero” di sabato 3 luglio, è stato pubblicato un articolo dal titolo “La fuga dei presidi pentiti. Torniamo ad insegnare” a firma di Lorena Loiacono.
La giornalista del quotidiano romano pone all’attenzione dei lettori un fenomeno inquietante che sta investendo il mondo della scuola, già duramente colpito dall’emergenza sanitaria nazionale da Covid-19: quello del ritorno alla docenza di diversi dirigenti scolastici vincitori dell’ultimo concorso bandito nel novembre del 2017 e conclusosi lo scorso anno con la pubblicazione della graduatoria dei vincitori e l’assunzione di 2043 nuovi dirigenti il 1° settembre 2019.

La circostanza appare davvero singolare se si considera che i dirigenti in questione hanno sostenuto e superato le 3 prove concorsuali dopo un lungo periodo di studio nell’attesa di raggiungere l’obiettivo tanto auspicato.

La Loiacono, dunque, si è interrogata sulle motivazioni alla base di una tale scelta, giungendo alla conclusione che essa è stata determinata dalla gravosità del nuovo ruolo, che pur molto ambito, comporta oneri e responsabilità enormi, notevolmente accresciute proprio dall’emergenza da Covid-19 calata come una mannaia in capo ai presidi.

Essi, in effetti, all’indomani dell’emanazione del primo DPCM del 4/03 del corrente anno sono stati investiti della responsabilità di organizzare forme e modalità di didattica a distanza all’indomani della chiusura delle scuole a causa del lockdown, senza neanche poter contare sul parere degli organi collegiali.
Compito non semplice, atteso che molte famiglie risentono del cosiddetto “digital divide” che non consente loro accesso effettivo alle tecnologie dell’informazione essendo privi dei dispositivi tecnologici nonché delle conoscenze adeguate per poterli correttamente utilizzare.
Nonostante il pronto intervento del Ministero e lo stanziamento di appositi fondi per dotare le scuole di dispostivi da concedere in commodato d’uso alle famiglie bisognose di supporto tecnologico, si è reso necessario approntare anche un veloce piano d formazione digitale da rivolgere al personale scolastico, sia per consentire al personale ATA di svolgere attività lavorativa dal proprio domicilio (il cd smart working) sia per mettere il personale docente nelle condizioni di poter svolgere le lezioni a distanza mediante piattaforma digitale e app.
Si è fatto quanto era nelle proprie possibilità con risultati spesso deludenti e a fronte di carenze strutturali evidenti.

Come se non bastasse, i neo dirigenti hanno lamentato la scarsa chiarezza in ordine all’avvio del nuovo anno scolastico 2020/21 da parte del Ministero il quale, con le recenti linee guida, ha rimesso le modalità di organizzazione della didattica in presenza dal prossimo 1° settembre all’autonomia dei singoli istituti scolastici che, in virtù degli spazi a disposizione e della dotazione organica assegnata, dovranno organizzare il rientro in presenza in sicurezza secondo le indicazioni di massima di cui alle linee guida. Va sottolineato come in tema di tutela della salute e della sicurezza del personale scolastico e degli alunni i dirigenti scolastici sono investiti di responsabilità rilevanti, che non di rado incutono giustificato timore nei dirigenti meno esperti e di prima nomina, trattandosi di una materia che prevede anche sanzioni penali in caso di mancato o parziale assolvimento degli obblighi posti in capo al datore di lavoro dal decreto legislativo n.81/2008, il testo unico sulla sicurezza negli ambienti di lavoro.
In considerazione di quanto testé riportato alcuni dirigenti di prima nomina hanno pensato di ritornare alla docenza, rinunciando al ruolo dirigenziale, operazione resa possibile dalla vigente legislazione entro i 5 anni dal conferimento dell’incarico.
Il problema è stato denunciato dalla Cisl scuola, per il tramite di Paola Serafin, della segreteria nazionale del sindacato con delega alla dirigenza scolastica la quale ne trae spunto per evidenziare quanto sia complesso ed irto di difficoltà il lavoro da dirigente scolastico, carico di responsabilità molto importanti di natura penale e civile.
Si pensi, ad esempio, alla riapertura a settembre e alla possibilità di avviare la didattica fuori dai locali della scuola con tutto ciò che questo comporta in termini di sicurezza. Oppure si pensi all’assoluta inadeguatezza degli organici del personale ATA.
Senza tener conto delle retribuzioni, fra le più basse della dirigenza nel pubblico impiego sia su scala nazionale che europea. Alla luce di tutto questo sembra quasi scontato che più di un dirigente maturi l’idea di lasciare l’incarico per ritornare ad insegnare.
La questione dell’adeguamento degli stipendi è stata denunciata con forza dall’ANP, l’associazione dei presidi che, per bocca del presidente Giannelli, ha denunciato e avversato la decisione del MEF di tagliare gli stipendi dei dirigenti proprio in un momento in cui vengono loro richieste maggiori responsabilità e maggiori carichi di lavoro per cui ha chiesto al Ministro di intervenire per accrescere la capienza del FUN auspicandone la sua progressiva stabilizzazione.
Il problema, con ogni evidenza, desta preoccupazione e molti interrogativi .
La questione resta aperta