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In Belgio i libri tornano sui banchi

Le Case editrici del Belgio francofono si apprestano a festeggiare il rientro in massa dei manuali nelle aule scolastiche.
"Il Paese piatto", amato e cantato da Jacques Brel, è uno dei pochi al mondo ad avere deciso, sul finire degli anni ’70, che gli alunni potevano fare a meno dei libri di testo. Fu una scelta di politica socio-economica – i libri costavano troppo e molte famiglie non erano in grado di acquistarli – ammantata da ragioni di tipo didattico-metodologiche: senza i libri, statici e continuamente da aggiornare, le lezioni sarebbero state più vive e dinamiche e i docenti più creativi.
La larga diffusione delle fotocopiatrici diede il colpo di grazia al libro di testo decretandone la morte. Oggi si stima che nelle scuole elementari, circa otto alunni su dieci non sono in possesso di un libro di testo e la situazione non è molto diversa nella secondaria.
Nel Belgio francofono operano appena cinque Case editrici con un fatturato complessivo di 10 milioni di euro, contro i 50 milioni delle case editrici del Belgio fiammingo. Tuttavia, dopo i cattivi risultati ottenuti dai belgi nei test che annualmente l’Ocse e l’Unesco somministrano un po’ in giro per il mondo per valutare conoscenze e competenze degli studenti, il Ministro dell’Istruzione ha proposto che i libri di testo tornino sui banchi di scuola e nelle case degli alunni.
Il presidente degli editori belgi – che pure dovrebbe gioire per una notizia di questa portata – frena, però, gli entusiasmi. A suo avviso, affinché il ritorno del manuale sia efficace, occorre mettere in primo piano nell’agenda ministeriale un programma di formazione dei docenti, disabituati all’uso di questo strumento.

Gabriele Ferrante

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