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In campagna elettorale si tagliano i tagli all’istruzione

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Con inizio dal 2007, con l’avvento di Gelmini e di Tremonti e il successivo ingresso di Profumo, e quindi fino ai giorni nostri, abbiamo visto per la scuola solo tagli a tutti i livelli che però a quanto sembra, leggendo le notizie che si affacciano sui siti dei partiti, improvvisamente dovrebbero cessare. Infatti tutti ormai promettono investimenti per l’istruzione e quindi per scuola e università, bandendo i tagli.
Il più generoso, e anche il più chiaro e con numeri visibili e controllabili, appare il Pd che intende portare, se vince le elezioni, la spesa per l’istruzione dal 4,9% sul Pil di oggi al 6,3% di media Ocse, investendo dagli asili nido fino alle scuole di ogni ordine e grado. Alle elementari vuole addirittura il ritorno al tempo pieno con le 30 ore affidate alle compresenze e quindi “tagliando” il maestro unico, mentre alle superiori l’introduzione di un biennio uguale per tutti (presente nella riforma di Berlinguer) e il rafforzamento dell’istruzione tecnica.
Più fumoso, nel senso del molto generico, le promesse sulla scuola del Pdl che se non vuole più tagliare propone però di rafforzare l’autonomia dei singoli istituti nella scelta dei docenti (e le graduatorie GaE?), negli organici e nella gestione dell’offerta formativa, mentre accenna al modello tedesco per l’implementazione delle scuole tecniche. In ogni caso, e al di là di questo, opta per un piano di riduzione della spesa di 16 miliardi l’anno, per arrivare a 80miliardi, una cifra che non è accompagnata però da alcun dettaglio sulle linee e gli indirizzi da attuare, insieme all’impegno, stipulato con la Lega Nord di lasciare il 75% del gettito del Nord alle regioni del Nord.
Non parlano di tagli, ma di abolizione del valore legale del titolo di studio, sia il “Movimento 5 Stelle” di Grillo e “Fare per fermare il declino” di Oscar Giannino.
In particolare tuttavia, e in estrema sintesi, i “grillini chiedono l’insegnamento dell’inglese all’asilo, l’abolizione della legge Gelmini, il sostegno della ricerca indipendente con i fondi di quella militare e una digitalizzazione molto più spinta: diffusione obbligatoria di internet nelle scuole, graduale sostituzione dei libri cartacei con quelli digitali, lezioni universitarie on line. Laddove il movimento di Oscar Giannino si batte per aumentare la concorrenza fra istituzioni scolastiche e rafforzare la selezione meritocratica di docenti e studenti.”
Della lista di Ingroia ancora si sa poco, ma la sua “Rivoluzione civile” ha chiaro il principio di difendere la scuola pubblica, i precari e di investire sulla ricerca. Tutti temi che sembrano riportare al programma del Pd, vista pure la composizione delle sue liste, e di un interesse precipuo in difesa della scuola, dell’università e della ricerca pubblica. Che saranno riempite dalla matrice ideale da cui la lista Ingroia prende le mosse.
E Mario Monti? I giornali riportano che avrebbe ripensato al suo iniziale programma elettorale sulla scuola e l’istruzione, presentando un piano straordinario per l’occupazione giovanile e la promessa di dare uno stop deciso ai tagli ai fondi pubblici per scuola e università.
La famosa Agendo Monti dunque modifica dei fogli, nel tentativo di rilanciare il neo partito di centro.
Si tratterebbe dunque di avviare un piano “Straordinario per l’occupazione giovanile” i cui dettagli saranno resi pubblici nei prossimi giorni benché si prevedrebbe la nascita di “Borse di studio a progetto” che dovrebbero essere dei finanziamenti per quegli studenti che si iscrivono all’Università con un’idea precisa di quale lavoro fare.
Ma ci sarebbe di più, a sentire collaboratori assi vicini a Monti: “La percentuale della spesa pubblica per la scuola e l’Università negli ultimi anni è scesa rispetto al Pil. Questo è inaccettabile. D’ora in avanti i soldi per l’istruzione devono crescere nella stessa misura del Prodotto lordo, mentre la spesa per questo settore strategico dovrà essere revisionata al suo interno per ridurre gli sprechi e aumentarne la produttività”. Da qui nascerebbe appunto il “Fondo Opportunità” per gli studenti (maturato anno dopo anno a partire dalle scuole secondarie e proporzionato al livello dei voti) destinato ai ragazzi meno abbienti.
E’ chiaro che si tratta di promesse su alcune delle quali però è facile il controllo successivo, come quella messa a punto dal Pd che oggettivamente durante i trascorsi due governi, Berlusconi e Monti, ha portato lotte in difesa dei precari, della stabilizzazione, dei programmi, della scuola pubblica, senza scordare che partì da Bersani il veto assoluto di far passare l’aumento a 24 ore dell’orario dei docenti a parità di salario. Anche da parte del Pdl la chiara propensione di dare mandato alle scuole autonome di scegliersi i docenti, così come del resto da anni dice Aprea, sostenuta da Gelmini, e la netta proposta di dare alle famiglie la possibilità, attraverso voucher, di scegliersi le scuole più consone alla loro formazione e cultura, quandi anche le scuole private.
Tuttavia, nell’insieme dei bandi elettorali, l’unica cosa che sembra accumunare tutti appare l’impegno a tagliare i tagli, gettando in mare la sega che da anni, dal 2007 con la finanziaria di Tremonti, ha inesorabilmente segato la nostra istruzione, sia scolastica che universitaria.