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Inaugurata a Catania la mostra “Il giornalismo che non muore”

Beppe Alfano, Ilaria Alpi, Giovanni Amendola, Enzo Baldoni, Carlo Casalegno, Maria Grazia Cutuli, Mauro De Mauro, Pippo Fava, Mario Francese, Piero Gobetti, Peppino Impastato, Guido Puletti, Mauro Rostagno, Antonio Russo, Giancarlo Siani, Giovanni Spampinato, Walter Tobagi. Diciassette giornalisti di ieri e di oggi che hanno pagato con la vita il loro messaggio di verità, battendosi contro mafia e ingiustizie sociali, contro guerre insensate e vecchi e nuovi totalitarismi.
Una mattinata, quella di mercoledì 19 aprile, tutta dedicata al “giornalismo che sta in trincea, che non si piega” e che “lascia un grande messaggio etico alle nuove generazioni”. Ha così esordito Nunzio Famoso, Preside della facoltà di Lingue di Catania, nel suo intervento inaugurale in occasione dell’apertura della mostra “Il giornalismo che non muore”, presso l’ex Monastero dei Benedettini di Catania.
L’incontro, organizzato dalla facoltà di Lingue e dall’Ordine dei giornalisti di Sicilia nonché dai curatori del Medialab e dalla rivista on line Step1 per presentare la mostra ideata dall’Associazione Ilaria Alpi, è stato coordinato dalla giornalista Maria Lombardo, docente di “Tecniche di giornalismo” all’Università. “Nel nostro mestiere – afferma rivolgendosi agli studenti presenti in sala – la tecnica, pur importante, serve a poco se non è supportata dalla passione civile e da sane idealità”. Ed è proprio su questo aspetto e sul ruolo del giornalismo oggi che si sono incentrati gli interventi dei giornalisti e dei familiari delle vittime invitati a prendere la parola per offrire la loro preziosa testimonianza: Franco Nicastro, Presidente dell’Ordine dei giornalisti di Sicilia, Sonia Alfano, figlia del cronista di Barcellona Pozzo di Gotto Beppe Alfano, Rosario Mangiameli, docente della facoltà di Scienze Politiche, Nino Milazzo, direttore di Telecolor, Domenico Tempio, vicedirettore del quotidiano “La Sicilia”, Simona Cocuzza, reporter e amica di Maria Grazia Cutuli. Infine, Agata e Giuseppe Cutuli, genitori della giornalista catanese uccisa in Afghanistan il 19 novembre 2001, mentre – ribadisce, fiera, la madre – “raccontava di chi non ha un pezzo di pane e di chi lo getta nell’immondizia, dei bambini del Ruanda e delle donne afgane, della loro miseria e dignità, della loro voglia di istruirsi”. Ed Elena Fava, che ricorda il compianto padre con la stessa rabbia mai alleviata di quel tragico 5 gennaio 1984.
Coraggiosa e determinata nella sua denuncia contro la malavita, Sonia Alfano lancia poi un appello: “Non lasciateci soli! Il segreto per costruire un mondo più giusto è dare fastidio, facendo leva su 2 cose: la partecipazione della società civile e l’attenzione dei media. Per questo stiamo coinvolgendo le scuole di Barcellona, agendo sul tessuto sociale attraverso manifestazioni e fiaccolate, per sradicare una mentalità omertosa ancora dura a morire. E’ così che intendo seguire la strada intrapresa da mio padre, che amo definire un ‘cane sciolto’”.
Ma esercitare una giusta critica al potere, cercando la verità oltre l’apparenza e recuperando quella tensione civile che spesso viene a mancare nel giornalismo di oggi, è anche il messaggio che lancia Franco Nicastro. “I valori del giornalismo, ieri e oggi, devono essere gli stessi. Un orizzonte etico, un approccio onesto, libero e obiettivo alla realtà deve animare chi compie i primi passi in questo duro mestiere. I giovani devono capire che il giornalismo non è quello dell’intrattenimento televisivo né quello omologante dei comunicati stampa”. E aggiunge: “Scopo del cronista d’inchiesta deve essere la comprensione profonda delle cose. Indro Montanelli diceva che questo mestiere si esercita consumando le suole delle scarpe, andando a cercare i luoghi della socialità, i marciapiedi del mondo”. 
Prossimo incontro, a conclusione della mostra giorno 29 ai Benedettini, sarà quello organizzato dal Liceo Boggio Lera di Catania nell’ambito del convegno “La mafia tra storia e memoria”.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Redazione

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