Home Attualità Inclusione alunni con disabilità: mancano ancora le norme applicative

Inclusione alunni con disabilità: mancano ancora le norme applicative

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Pur essendo una buona norma sulla carta, il Decreto Legislativo n. 66/17, ispirato al modello ICF ed ai principi della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, rischia nel concreto di rappresentare un’occasione mancata per un proficuo processo di inclusione degli studenti disabili italiani del Terzo Millennio.

Innanzitutto, una delle novità più significative del testo della delega della 107/15 sull’inclusione, a parere dello scrivente, è il fatto che, all’articolo 4, la valutazione dell’inclusione scolastica sia parte integrante della valutazione della scuola, tramite indicatori dell’Invalsi.
Ma, a distanza di 6 anni e mezzo, di quegli Indicatori di qualità e dell’Invalsi, gli allievi con disabilità delle scuole di ogni ordine e grado hanno perso le tracce e li stanno ancora aspettando.
Alla definizione dei predetti Indicatori di qualità dell’inclusione scolastica dovrebbe poi partecipare anche l’Osservatorio per l’Inclusione Scolastica istituito presso il MIM, come stabilito dall’articolo 15, il cui funzionamento richiede comunque un’ulteriore regolamentazione.

L’articolo 5 parla di un profilo di funzionamento secondo i criteri del succitato modello bio-psico-sociale dell’ICF, ai fini della formulazione del progetto individuale (di cui all’articolo 14 della legge 8 Novembre 2000 n. 328), nonché per la definizione del Piano Educativo Individualizzato (PEI).

In verità, anche su questo versante, c’è un po’ di confusione, perché l’iter normativo di definizione del profilo di funzionamento non è stato ancora completato dal Ministero.

D’altra parte, la possibilità stabilita dall’art 14 del D.Lgs. n. 66/17 attuativo della Buona Scuola di garantire la continuità didattica dei docenti di sostegno, attraverso la possibilità di confermare per più volte nel corso dell’anno scolastico successivo lo stesso docente con contratto determinato, come rivendicato con forza dalle famiglie dei ragazzi con disabilità, è rimasta lettera morta e non ha mai trovato attuazione da parte del MIM.

Un discorso più approfondito richiede la “delicata “questione relativa alle nuove modalità di formazione iniziale dei docenti curricolari e per il sostegno della scuola dell’infanzia, di quella primaria e di quella secondaria di primo e secondo grado ed alle nuove procedure del loro reclutamento.

Al riguardo, dovrebbe già attuarsi il recente DPCM applicativo della legge 79/22 (conversione del Decreto Legge 36/22 su “Ulteriori misure urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza”).
Il predetto DPCM, però, relativamente alla formazione iniziale dei docenti della scuola secondaria di primo e secondo grado, “rilancia” ben poco l’inclusione, prevedendo solo 10 Crediti Formativi su 60 sulla pedagogia e la didattica, con il rischio, quindi, che quelli sulla pedagogia e la didattica speciale si riducano a un numero insignificante.

Effettivamente, sarebbe opportuno che la Pedagogia Speciale e la Didattica dell’inclusione trovassero finalmente giusto spazio e dignitosa collocazione nei percorsi formativi accademici dei futuri docenti curricolari. Tuttavia, per assicurare il pieno successo scolastico degli alunni/studenti con disabilità, reputo che tutto ciò non basti.

A mio avviso, al riguardo, occorrerebbe invece promuovere finalmente un’idonea e specifica azione formativa di massa di tutto il personale scolastico e non solo dei docenti curricolari e specializzati aspiranti o già in servizio.

Continuare ad insistere solo sulla formazione degli insegnanti di sostegno, infatti, non farebbe altro che reiterare colpevolmente la distorsione verso la delega ai soli docenti specializzati del processo d’inclusione scolastica, dimenticando l’autentico spirito della legge 517/77 che è quello del “sostegno del contesto”.

Per un’efficace inclusione degli studenti con disabilità nella scuola di e per tutti, dunque, è indispensabile non solo la presenza del docente per il sostegno, ma soprattutto realizzare contesti “flessibili”, dotati di ambienti, strumenti e materiali resi accessibili anche grazie alla presenza costante di figure educative di riferimento.

In proposito, un’altra inspiegabile “incompiuta” del D.Lgs. N. 66/17 è, come previsto dall’articolo 3, la mancanza del riconoscimento del profilo giuridico dell’assistente all’autonomia e alla comunicazione e, per gli alunni con disabilità visiva, dell’auspicabile istituzione da parte del Ministero della figura dell’“Esperto in scienze tiflologiche” o, quanto meno, di una figura che possegga competenze di base in tiflopedagogia e tiflodidattica [la tiflologia è la scienza che studia le condizioni e le problematiche delle persone con disabilità visiva, al fine di indicare soluzioni per attuare la loro piena integrazione sociale e culturale].

Anche la formazione generalizzata di tutto il personale scolastico sulle singole disabilità stabilita dall’art. 13 del decreto n.66/17, mi pare un po’ lacunosa, in quanto non prevede alcun obbligo di osservarla.

Infine, il GIT è senz’altro l’elemento di maggiore novità dell’intero decreto n. 66/17.

Istituito ai sensi dell’art 9, il Gruppo per l’Inclusione Territoriale, che avrebbe dovuto sostituire l’operato del GLIP (Gruppo di Lavoro Interistituzionale Provinciale), non ha ancora visto la “luce” e tuttora langue nei meandri dei cassetti ministeriali.

Senza trascurare tra l’altro la grave e frequente disapplicazione da parte del Ministero sui diritti delle famiglie degli studenti con disabilità sulla loro effettiva partecipazione ai GLO (Gruppo di Lavoro Operativo per l’Inclusione) e su un loro reale coinvolgimento nella formulazione e predisposizione del Piano Educativo Individualizzato.

Per concludere, nutro pure alcune perplessità relativamente al comma 4 dell’art 3 che istituisce l’assistenza igienico-personale degli allievi con disabilità a “carico” dei collaboratori scolastici. Esso, infatti, non essendo stato esplicitato con chiarimenti nemmeno dall’attuale Governo, a mio avviso, fa certamente discutere, perché su di esso ancora non c’è chiarezza.

In definitiva, per quanto finora esposto, senza l’applicazione di tali indifferibili principi “inclusivi”, veri e propri discriminanti e spartiacque pedagogici, difficilmente il D.Lgs. N. 66/17 farà transitare la scuola italiana dalla vecchia dimensione integrativa alla nuova cultura dell’inclusione per tutti. Spero tanto di sbagliarmi e che la “luce” di questo nuovo anno porti agli alunni con disabilità del nostro Paese il “regalo” di una scuola diversa e veramente inclusiva.