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Indicazioni Nazionali, si cambia

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Nel pubblicare la lettera di un nostro assiduo lettore, ci permettiamo di aggiungere due nostre righe.
Non interveniamo certamente nel merito e quindi evitiamo di esprimerci sulla bontà dell’operazione (di cui il nostro lettore si dice assolutamente sicuro), ma facciamo solo rilevare che se alla fine le modifiche resteranno sempre nella forma di “Indicazioni”, non potrà esserci alcun obbligo per i docenti: chi vorrà leggerà qualche pagina della Bibbia, ma chi vorrà potrà tranquillamente fare la storia degli Indiani d’America dal punto di vista di Toro Seduto anziché del generale Custer. Non è detto, insomma, che i docenti saranno tutti pronti a parlare di “italianità” e di “gloria di Roma nel mondo” come forse vorrebbe qualcuno (R.P.)

Era necessario? Forse. Sicuramente, però, questa volta la scelta del Ministero dell’Istruzione (e del merito) di rinnovare o cambiare i programmi (indicazioni programmatiche) nella scuola media (in parte anche nelle elementari) appare, almeno sulla carta, condivisibile.
Dopo i ‘disastri e il ‘disordine’ degli anni passati ritornare (o avvicinarsi) all’ordine potrebbe rivelarsi una mossa vincente per rendere la scuola un vero centro (funzionante ed efficace) educativo e formativo. Salutiamo, dunque, con soddisfazione (per ora misurata) il ritorno del latino (grave fu lo sbaglio negli anni ‘70 e ne abbiamo pagato le conseguenze) e la sua giusta rivalutazione di quelle importanti conoscenze, capacità e competenze che solo lui può dare (senza contare che la civiltà e la lingua latina costituiscono una delle radici forti della cultura occidentale); allo stesso modo siamo ben contenti che si voglia dare più spazio alla geografia (materia imprescindibile da tempo mortificata, quasi annullata), alla storia, alla musica, all’arte.
Condividiamo pienamente l’attenzione per la grammatica e la lingua italiana (scritta e orale) e il ritorno alla lettura e alla comprensione, ad alta voce, in classe e a casa (poesie, brevi componimenti, racconti, romanzi o brani di racconti, pagine bibliche, testi epici, e ‘classici’ di ogni tempo italiani o no e anche autori moderni) e infine non possiamo che celebrare con enfasi (non troppa però) il ritorno allo studio ‘a memoria’, soprattutto in questo tempo in cui le macchine prendono la nostra memoria (col il nostro ‘incosciente’ benestare) e la nostra identità, mentre le potenzialità mentali si inaridiscono e seccano come alberi nella siccità e la nostra autonomia e libertà si riducono e rischiano di asservirsi all’Intelligenza artificiale.
Speriamo soltanto che queste assennate intenzioni possano tradursi presto in realtà, consapevoli del fatto che (come nelle linee guide per il rinnovamento delle materie scientifiche dell’anno scorso) si tratta di indicazioni ‘umanistiche’ a cui certo bisogna attenersi ma senza rigidità e possono quindi essere declinate
secondo gli orientamenti di ogni scuola, nella sua autonomia, le sensibilità di ogni singolo docente e la libertà di insegnamento. Auspichiamo anche che il latino non sia facoltativo (come purtroppo sembra) e che un’operazione di rinnovamento programmatico, seguendo gli stessi principi, sia attuata, al più presto anche nelle scuole secondarie di secondo grado (ne hanno proprio bisogno!). Come sempre (è giusto in un contesto democratico) ci sono anche delle voci critiche a questa iniziativa, una critica parziale o totale.
Alcuni evidenziano lo spazio eccessivo dato alla storia, alla storia della penisola italica, dell’Italia (troppo patriottismo, troppa imposizione agli alunni stranieri della nostra storia?), dell’Europa e del mondo occidentale.
Certo, occorre un metodo ragionato e non (non solo) nozionistico che sappia cogliere e capire nella loro complessità e nelle loro relazioni (tenendo conto dell’utenza a cui ci si rivolge), i fenomeni storici in senso ampio e onnicomprensivo, diacronico e sincronico. Eventi lontani nel tempo e nello spazio hanno ripercussioni cronologiche e spaziali assai vaste. Però sapere bene chi eravamo ci aiuta a sapere chi siamo e, forse, può aiutarci a forgiare il nostro ‘essere’ futuro. E questo senza per forza cancellare la storia di ‘altri’.
Del resto la storia d’Italia, per chi la conosce anche minimamente, è intrecciata, in vario modo, con i processi storici dell’Europa e, in generale, del mondo. Altri sono contrari ad imporre letture bibliche a scuola, magari a ragazzi di altre religioni. Tranquillizziamo subito questi difensori della ‘libertà’ di lettura. Nel corso di un anno scolastico, considerando i vari e articolati argomenti da affrontare, un eventuale ‘studio’ della bibbia si risolverebbe nella lettura di poche pagine (accompagnate da un minimo commento), inoltre, già adesso, nei manuali di epica o di poesia vengono presentati, passi della Bibbia, non come testi religiosi ma opere letterarie (e certi canti biblici raggiungono, a volte superano, perfino i lirici greci). Starà poi al docente considerare se e in che misura valorizzarli.
Comunque leggere una parabola del Vangelo o la creazione nella Genesi non può far altro che apportare un beneficio culturale e spirituale ad ogni persona, di qualunque religione. La risposta finale a questa critica, però, la lasciamo ad altri.
“La Bibbia è il grande codice della cultura occidentale”(Blake).
“La Bibbia è l’universo entro cui la letteratura e l’arte occidentale hanno operato fino al XVIII secolo e ancora operano” (Frye).
“La Bibbia e l’Odissea sono due modelli fondamentali per tutta la cultura occidentale” (Auberbach).
“Un cittadino europeo può non credere che il cristianesimo sia vero, eppure quello che dice e che fa scaturisce dalla cultura cristiano di cui è erede. Se il cristianesimo se ne va, se ne anche la nostra cultura, il nostro volto” (Eliot).
Potremmo continuare, ma basti questo. Esiste anche chi, invece, ritiene inutili le indicazioni nazionali, in virtù della libertà dell’insegnamento, è insiste invece sulla necessità di abolire la lezione frontale e ‘riprogrammare’ i docenti secondo metodi nuovi e più validi (chissà quali!). Abbiamo già avuto modo di evidenziare gli aspetti positivi e imprescindibili, a nostro avviso, della lezione frontale (seppur aggiornata) e riteniamo invece valida, questa volta, l’iniziativa del Ministero sulla ‘rivisitazione’ delle linee programmatiche nazionali (relative alle materie più umanistiche, elementari e medie).
Ovviamente ci auguriamo che il progetto vada avanti, con cautela e giudizio, certo, ma continui senza fermarsi.

Andrea Ceriani