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Innovazione digitale: videogiochi nella scuola di domani

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A Bari fino al 12 novembre si tiene “Ade, Apulia digital experience 2023”, la prima conferenza internazionale made-in-Italy dedicata all’innovazione digitale nelle industrie creative, con una premessa che fa pensare e su cui da tempo si parla, paventandola da un lato, attendendola con interesse dall’altro: in un futuro non molto lontano i videogiochi potrebbero contribuire alla formazione dei giovani, aiutando gli insegnanti a veicolare alcune materie scolastiche, fra le quali soprattutto la storia.

A tracciare il futuro del settore proprio in ambito educativo è l’ideatore di AgeOfGames: “Abbiamo già realizzato dei videogame educational nelle scuole con grande successo. La prospettiva che cambia è l’intenzione d’autore”.

Infatti l’obiettivo dei videogame di intrattenimento non è solo divertimento, si legge sul Sole 24 Ore, ma si può equiparare a un buon libro, quando  il videogame è studiato per lasciare qualcosa allorchè il gioco termina e cambia la prospettiva psicologica.

I videogiochi hanno infatti una grande forza, che è “la potenza del simbolico, non è tanto la parte didascalica a essere importante ma quella che rimane attraverso l’esperienza diretta. Con l’interazione entra a far parte del Dna e della memoria”.

“Ci sono giochi – dice il fondatore di Historia Ludens – che già adesso vengono utilizzati per questi scopi e molte case editrici producono pacchetti derivanti dal game che possono essere usati in classe, per ambientarsi più facilmente in epoche lontane come quella greca o romana”. 
Tuttavia per i videogiochi a scopo didattico occorrono particolari accortezze: “E’ necessaria una nuova produzione di giochi, affinché siano brevi, intensi e diano subito qualcosa che l’insegnante possa sfruttare come strumento di formazione”.

«Oggi – chiarisce il direttore di Apulia film commission – una parte importante del settore audiovisivo è costituito dall’animazione, dal metaverso e dal game” che sono industrie con tempi e modalità produttive complesse “sulle quali, come Paese, abbiamo il dovere di misurarci perché non farlo sarebbe un delitto e ci farebbe rimanere indietro”.