Home I lettori ci scrivono Insegnare significa lasciare il segno per fare cittadini dei quasi sudditi

Insegnare significa lasciare il segno per fare cittadini dei quasi sudditi

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Lo scorso mese è stato presentato il libro di E. Frezza: ”Cosa sta accadendo nella nostra scuola”. La sede di presentazione è stata prestigiosa e non provinciale: all’ombra di Sant’Antonio, dott. della Chiesa universale. Il dibattito tra scuola statale e libera è sempre d’attualità e, spesso, i vertici cattolici vorrebbero estendere il loro circa 10% di monopolio “educativo” al restante 90% di monopolio “diseducativo” statale. Si, diseducativo perché Vercelli non è un caso isolato nel panorama della Buona-Scuola, renziana come vogliono far credere non pochi dirigenti scolastici e statalisti! Interessante è il pensiero di Elisabetta Frezza alla domanda di C. Lugli su Radio Spada.

Ecco il pensiero dell’autrice: “Ricordiamoci che, alla fine, il cosiddetto “male minore”, cioè la stella polare di decenni di politica del compromesso, è male e basta, non ha nulla a che fare col bene. È l’anticamera del “male maggiore”, che può entrare indisturbato per una via obliqua e dunque preferenziale perché sgombrata di remore morali. E infatti le conseguenze concrete lo dimostrano: l’ecatombe fisica e morale che abbiamo di fronte agli occhi è il regalo del democristianismo italico, ovvero quel morbo contagioso che ha intaccato chiesa, politica, società e impregnato le categorie del pensiero collettivo”.

CL: Ha accennato alla neo-ministra Fedeli, che l’asse Gentil-Renzi è riuscita a piazzare all’Istruzione appunto, e che nonostante le bufale e gli scandali per aver mentito sulla finta laurea ancora non si dimette. Sembra un’operazione ben strutturata, prosieguo della legge sodomita sulle c.d. unioni “civili” e sulla Buona Scuola.

Cosa ne pensa? EF: Una sfacciataggine senza pari manifestata senza veli, tanto le spalle sono ben coperte da chi davvero comanda da dietro le quinte. Mattarella, gliene va dato atto, non fa mistero del mandante. In particolare, la vicenda desolante della Fedeli, pizzicata in flagranza di doppio mendacio (nel senso che non solo manca la laurea millantata, ma persino il diploma superiore). Purtroppo i Sindacati, parlo da ex Sindacalista dell’autonomo Snals, tutt’ora iscritto, pur necessari in Democrazia, in Italia si sono secolarizzati e divenuti pertanto spesso indifferenti. Ricordiamo che una precisa norma obbliga la scuola di ogni ordine e grado di impartire i saperi democraticamente e non in modo padronale, come, purtroppo e spesso accade attualmente.

Siamo al solito problema dello Stato padrone che tratta i cittadini sudditi. In attesa di una riforma scolastica migliore della precedente, tutta statalista, ben vengano le telecamere di controllo dell’operato degli educatori, ma anche di tutto il pubblico impiego.

Se non è possibile il controllo dell’utenza del servizio statale, ben vengano le videoregistrazioni. Il fatto avvenuto a Vercelli è gravissimo ed emblematico per l’Italia. L’Italia, contadina ed analfabeta, fino ai primi anni Sessanta, non esiste più ed il servizio scolastico può essere anche non necessariamente statale, dove oltre l’80% dei docenti è “rosa” e giunge alla cattedra già quasi vecchio nonché sfiduciato per il lungo precariato e periodi di corsi formativi e pochissimi concorsi. Il video choc delle maestre che maltrattano i bambini in un asilo di Vercelli lo hanno visto oltre 60 milioni di telespettatori italiani ed alcuni milioni di stranieri. Tre maestre della scuola per l’infanzia Korczak di Vercelli sono agli arresti domiciliari, accusate di maltrattamenti sui bambini. Secondo le prime informazioni le maestre avrebbero dato sberle e strattoni ai bimbi, li avrebbero trascinati a terra e si sarebbero rese responsabili anche di urla, punizioni spropositate e umiliazioni. L’operazione «Tutti giù per terra!», come è stata battezzata, è iniziata lo scorso maggio con la denuncia di una madre.

Le telecamere installate nella scuola, su autorizzazione della procura, hanno riscontrato 52 episodi di maltrattamenti. Le telecamere, in alta risoluzione, sono state installate nelle aule didattiche, nei corridoio, nella mensa e persino nella palestra della scuola per l’infanzia Korczak. Dei 52 episodi di maltrattamenti, sono una ventina quelli ritenuti di maggiore gravità. I Decreti Delegati, attuati dal 1974 in Italia, non hanno sortito buoni frutti ed hanno deluso le speranze di rinnovamento della scuola. E’ tempo di pensare ad una scuola, che non sia necessariamente statale per il personale non docente e docente. Cominciamo a “privatizzare” il 30% circa del personale non docente, forse qualcuno- una mamma “bidella” ad esempio- avrebbe riferito a Vercelli degli abusi da tempo perpetrati sugli innocenti bambini. Poi lasciamo scegliere ai docenti se andare in una scuola statale o libera, gestita da un comitato genitori che delega un Direttore: colto di pedagogia e saperi interdisciplinari, magari proveniente non dalla Pubblica Amministrazione, ma dal mondo del giornalismo e dell’industria dei servizi non pubblici, ma liberi. Concorsi aperti anche ai laureati di attività non statali, anche all’estero, e statali, con punteggi preferenziali per i primi. Devo ancora sentire il Coordinatore della stampa cattolica del Nordest, M. R. Furlan. sul problema scuola libera o burocratizzata dallo Stato . Tempo fa fu lui ad intervistarmi sulle pensioni in Italia su Stoanews.it.

Sul noto settimanale diocesano padovano, scriveva sul passaggio di “docenti dalla scuola paritaria a quella statale c’è da sempre e sempre continuerà, almeno finché la parità resterà… impari. Impari, cioè con stipendi diversi, carichi di lavoro spesso differenti e, fattore più destabilizzante, incertezza sul futuro (cioè la sopravvivenza) degli istituti paritari privati…Gli insegnanti che lasciano la scuola cattolica per la statale possono essere “chiesa in uscita”. Oltre 200 insegnanti quest’anno sono passati alla scuola statale. Un grosso problema per i dirigenti delle nostre scuole paritarie, ma forse anche un fenomeno da leggere evangelicamente con speranza. Il dir. dell’ufficio per l’educazione, la scuola e l’università della Cei alla vigilia del nuovo anno scolastico ribadiva l’attenzione della chiesa per tutto il mondo dell’educazione e invitava a superare i pregiudizi che ancora resistono sulla strada dell’effettiva parità. Nel suddetto settimanale padovano, c’è un’intervista al dir. ufficio diocesano pastorale scuola, che racconta a che punto sono le scuole cattoliche nella diocesi, quali esigenze dimostrano, quali punti di forza cercano di sviluppare. I media cattolici informano che “L’istituto paritario diocesano ha in programma ministage. «Quello di insegnare è uno dei compiti essenziali della comunità cristiana – spiega il rettore.

Noi cerchiamo di metterci la massima dedizione. Senza pesare sulle casse della diocesi». Il Barbarigo insomma guarda a un futuro più “smart”… ma con radici solide. Nasce la collaborazione tra i due istituti padovani, che insieme accolgono ogni giorno 300 alunni grazie al lavoro di 34 insegnanti e 16 ausiliari”. Resta però da ben valutare se le scuole cattoliche, in generale, sono sempre espressione di democrazia poiché tenderebbero a nascondere meglio i diritti e ad ampliare i doveri. Insegnare significa lasciare il segno, ma non quello delle, videoregistrate, maestre di Vercelli! Il segno che un docente lascia al discente può essere positivo, negativo, superficiale, profondo, ecc.. Un buon docente deve anche aiutare il discente a diventare cittadino e non più quasi suddito di statalisti e burocrati. Per l’Invalsi, invece, ”Deve avvenire il passaggio dal modello ottocentesco della lezione frontale di trasmissione del sapere e del libro di testo ad un processo di innovazione fondato sulle competenze.

A quando nuovi timonieri del transatlantico Scuola, che la pensano diversamente sulla funzione della scuola in onore della conoscenza aggiornata ed anche spendibile sul mercato del lavoro? Ai padovani e non solo preme sapere se si farà o meno una nuova scuola incentrata sui bisogni di conoscenza dei giovani. Tali bisogni non sono statalisti, ma universali e scientifici. I giovani d’oggi frequentano una scuola non adatta ai loro bisogni di conoscenza aggiornata, utile da poter spendere anche subito, né gli viene potenziato il giovanile ottimismo, che deriva anche da quello dei docenti, che spesso appaiono ai discenti perdenti nella vita, non vincenti.

Giuseppe Pace