Home Estero Iran: proteste e scontri con la polizia per le studentesse avvelenate

Iran: proteste e scontri con la polizia per le studentesse avvelenate

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Studenti universitari e insegnanti sono scesi in piazza in Iran per protestare contro ciò che sta avvenendo in quel paese e che sta lasciando sbalordito il mondo: gli avvelenamenti delle ragazze nelle scuole per evitare loro di frequentarle. Un ulteriore modo per intimorire le donne ad andare a scuole e istruirsi. 

Le proteste, che  si sono verificate in diverse città iraniane e in 25 delle 31 province iraniane, erano dirette dunque contro il misterioso avvelenamento da gas delle studentesse. Video diffusi sui social mostrano le forze dell’ordine che arrestano, picchiano e sparano gas lacrimogeni contro i manifestanti.

A loro volta, si legge nelle agenzie, i manifestanti hanno gridato: “Libertà di vita e di donna”, “una scuola non è un campo di battaglia” e “abbasso il sistema che uccide i bambini”.

Negli ultimi giorni anche in alcuni dormitori per studentesse a Teheran, Isfahan, Orumiyeh, Tabriz, Karaj e Mashhad ci sono stati casi di avvelenamento. 

Intanto, secondo quanto è pubblicato, circa 5000 studentesse iraniane sono rimaste intossicate dopo avere inalato inavvertitamente gas tossico a scuola. In modo particolare, un parlamentare iraniano si è messo al lavoro per creare una commissione di inchiesta sui casi che restano ancora misteriosi, facendo sapere che sono state coinvolte studentesse in circa 230 scuole di 25 diverse province del Paese. Gli episodi si susseguono da novembre e anche molti studenti maschi e insegnanti sono rimasti intossicati.

Secondo molti attivisti, le intossicazioni sono una vendetta da parte del governo a causa della partecipazione di molte studentesse alle manifestazioni anti governative e contro l’hijab obbligatorio esplose in settembre dopo la morte di Mahsa Amini, la 22enne di origine curda che ha perso la vita mentre era in custodia a Teheran perché non portava il velo in modo corretto. Secondo un docente del seminario di Qom, la città dove sono stati registrati i primi casi, un gruppo religioso estremista potrebbe essere responsabile del gesto perché si oppone al diritto di istruzione per le studentesse.