Home Attualità L’Insegnamento di Religione Cattolica, curriculare perché?

L’Insegnamento di Religione Cattolica, curriculare perché?

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Riceviamo e pubblichiamo l’articolo del professore Sergio Manuli riguardo l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole.

Oggi, in una società come la nostra, in cui le problematiche s’intrecciano, le modalità del sapere devono sempre più essere rispondenti alle esigenze dell’alunno, quindi l’Insegnamento di Religione Cattolica, che fa parte delle discipline curricolari e da sempre va ad intersecarsi con tutte le altre, crea un reticolo d’interscambio per ampliare l’apprendimento culturale dell’allievo e a far si che la sua formazione possa essere il più completa possibile. A tal proposito la Corte Costituzionale, con sentenza 203/89, riconosce il valore della cultura religiosa, i principi del cattolicesimo come parte del patrimonio storico del popolo italiano; l’inserimento di tale insegnamento nel quadro delle finalità della scuola.

 

L’I.R.C. quindi è un servizio educativo volto a formare nelle nuove generazioni, personalità ricche di interiorità, dotate di forza morale e aperte ai valori della giustizia, della solidarietà e della pace capaci di usare il bene della propria libertà così come disse nel discorso alla XXIV assemblea generale della conferenza episcopale italiana Giovanni Paolo II l’8/maggio/1991. L’alta percentuale di genitori e sopratutto di giovani, il 90% su base nazionale, che hanno scelto di avvalersi di questo insegnamento rappresenta un’estesa e sincera domanda di educazione ed inoltre un appello al mondo adulto perché si possa stabilire un profondo e autentico rapporto con quello giovanile dunque un invito pressante a non eludere, anzi a suscitare un serio impegno a dare risposte adeguate attraverso il processo culturale proprio della Scuola.

 

Nel nostro Paese purtroppo, vi è sempre più una marcata spinta contraria che vorrebbe accentuare i tratti di una scuola più informativa che formativa, dimenticando che il suo compito nativo è quello di comunità educante, dove l’informazione diventa cultura e la cultura servizio della persone e promozione di valori umani, civili e spirituali.

 

A proposito della richiesta da parte dell’Uaar di accorpare le classi in base al numero degli alunni avvalentisi dell’IRC per ottenere un presunto risparmio sulla spesa, si ricorda che già l’11 luglio 2012 la questione fu oggetto di un’interrogazione parlamentare a cui ha risposto il Sottosegretario Marco Rossi Doria il quale sottolinea innanzitutto che la grande percentuale di coloro che scelgono questo insegnamento riduce ai minimi termini la possibilità di trovare classi con un numero esiguo di allievi richiedenti, il che già pone il tutto su un piano “de lana caprina”; pur tuttavia continua asserendo che la scelta di avvalersi o no di un insegnamento assicurato dallo Stato, non debba essere discriminante né in un caso né nell’altro, sia nelle formazioni delle classi e dunque nella distribuzione degli allievi, dove deve valere il principio della casualità, sia nella determinazione dell’orario.

 

Altra discriminazione, a nostro avviso, sarebbe quella di trasformare un insegnamento curriculare, garantito come abbiamo ricordato dallo Stato, in extracurriculare, come ancora chiede l’Uaar, con gli evidenti svantaggi che ciò comporterebbe per tutti coloro che lo hanno scelto. Crediamo che in alcun modo si debbano ledere i diritti di nessuno.

 

Naturalmente vanno tutelati anche i diritti di chi sceglie di non avvalersi, a cui la scuola deve garantire le attività alternative, come asserito nella C.M. n. 18 del 4 luglio 2013 facente riferimento alla nota n. 26482 del 7 marzo 2011 e come, da lungo tempo, chiedono gli stessi Insegnanti di Religione affinché l’alternativa a questo insegnamento non sia poi l’ora del nulla in modo tale che i giovani possono avere concrete possibilità di studio e di formazione.

In una scuola formativa il servizio dell’I.R.C. diventa di estrema importanza per gli allievi mediante una cultura attenta alla dimensione religiosa della vita; perciò questa disciplina non va proposta solo a quelli che si dichiarano esplicitamente cattolici ma aperta a tutti quanti sono disposti a considerare i grandi problemi dell’uomo e della cultura riconoscendone il ruolo insopprimibile e costruttivo che, in questi problema ha realtà religiosa ed a confrontarsi con il messaggio e con i valori della religione cattolica espressi nella storia e nel vissuto del nostro popolo

 

Ascoltato sull’argomento, il Prof. Carmelo Mirisola Responsabile della sezione CISL IRC provinciale di Catania sottolinea che l’età giovanile è un momento privilegiato di ricerca e di verifica, quindi l’I.R.C. può costituire una risposta ai compiti propri della scuola che è chiamata a favorire negli alunni l’attitudine al confronto, alla tolleranza, al dialogo e alla convivenza civile. Il principio di laicità “implica non indifferenza dello Stato dinnanzi alle religioni ma garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà di religione, in regime di pluralismo confessionale e culturale”; infatti “l’attitudine laica dello Stato-comunità risponde non a postulati ideologizzati ed astratti di estraneità, ostilità o confessione dello Stato persona, o dei suoi gruppi dirigenti, rispetto alla religione o ad un particolare credo, ma si pone a servizio di concrete istanze della coscienza civile e religiosa dei cittadini”.