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L’Italia in cifre

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Attraverso decine e decine di tabelle, grafici e schemi sintetici l’opuscolo offre un quadro pressochè completo dei principali indicatori di sviluppo del nostro Paese.
Si incomincia dall’ambiente e dal territorio e si scopre che mentre Milano e Venezia sono in testa per quanto riguarda la raccolta differenziata dei rifiuti (quasi il 25 per cento sul totale), Torino distanzia tutte le altre città con i suoi 25 e più chilometri di piste ciclabili.
Molti i dati sulla popolazione, dal rapporto nati/morti, al numero di matrimoni e di divorzi fino al numero degli immigrati suddivisi per Paese di origine (marocchini ed ex -jugoslavi sono in maggioranza, ma le iscrizioni dagli Stati Uniti d’America superano di gran lunga quelle dalla Cina e dalla Romania).
Non mancano i dati sul lavoro e sulla disoccupazione che confermano problemi che – purtroppo – ben si conoscono.
Assai ricchi  i settori dedicati ai consumi ed alla salute.
Si scopre così che i fumatori sono in diminuzione, soprattutto fra i giovani.
Dai dati sull’istruzione emerge come stiano aumentando i tassi di scolarità (è però in calo il tasso di iscrizione all’università), mentre diminuisca la spesa pubblica per la scuola in rapporto al Prodotto interno lordo.
L’ultima parte è dedicata interamente agli indicatori economici e a raffronti con gli altri Paesi dell’Unione Europea rispetto ai cosiddetti "parametri di Maastricht" (debito pubblico, tasso di inflazione e tassi bancari).
Unico neo della pubblicazione, peraltro vivace e gradevole anche sotto l’aspetto grafico: in alcuni casi i dati sono un po’ vecchi e le tavole statistiche si fermano al 1997 o anche prima.
Un vantaggio importante: l’opuscolo è disponibile nel sito WEB dell’Istat (http://www.istat.it), può essere scaricato, stampato e tenuto a portata di mano per ogni necessità di studio o anche solo per soddisfare qualche curiosità, come questa: nel 1977 l’altezza media alla visita di leva era di poco più di 174 cm; i friulani confermano il loro primato di "spilungoni" (quasi 178 cm), mentre i sardi – pur cresciuti rispetto a precedenti rilevazioni – continuano ad essere gli italiani più bassi (171 cm).