La “Buona scuola” di Renzi doveva iniziare dalla…

Il contributo di A. Ferrante apparso su questo portale conferma la bontà della mia posizione, più volte ribadita: la scuola, ante L. 107/15 per diventare più  “buona” – lo era già di qualità prima, grazie all’impegno spesso “missionario” dei docenti – doveva liberarsi delle classi pollaio, tenendo presente anche il progressivo invecchiamento dei docenti.

Aberrazione organizzativa, voluta dal duo Gelmini – Tremonti (2008) che condiziona pesantemente la qualità della didattica; “virus” che indebolisce ogni tentativo pedagogico- didattico di tradurre nella prassi quotidiana i principi dell’inclusione; tumore perché la classe che cresce a dismisura, fuori da logica pedagogica, può essere accostata con le ovvie differenze all’impazzimento delle cellule; metastasi, perché la sua logica di ottimizzazione della spesa si sta diffondendo in altri settori della scuola, trasformando il sistema in un corpo senza identità pedagogica. E tutto questo avviene spesso con la complice e inconsapevole rassegnazione dei genitori, che condizionati spesso dalle “passioni tristi” hanno espulso dal loro orizzonte il futuro, storicamente abbinato alla “formazione dell’uomo e del cittadino”.

La controproposta renziana si è rivelata una presa in giro! Infatti nella relazione tecnica che accompagna la L. 107/15 si parla di spostamento di alunni da una classe numerosa ad una più “leggera”. A questo si deve aggiungere anche l’impossibilità di nominare il supplente il primo giorno di assenza del titolare ( Legge di Stabilità 2015. proposta dal governo Renzi ).Personalmente ho la responsabilità di una classe di 26 alunni, che in alcuni giorni, grazie alla disposizione renziana aumenta fino a 30-31.

Cosa dire ancora? Sicuramente la mancata abolizione delle classi pollaio, aggiornate ormai in “super-pollaio” certificano la non volontà del governo di migliorare la qualità della didattica, giustificando il mancato raggiungimento degli obiettivi di qualità al mancato impegno degli insegnanti, presentati ai media, tra l’altro, come ” privilegiati”, perché godono di ” troppe ferie telecomandate” e di un orario settimanale che è il 50% inferiore alla media del lavoro italiano. Critiche che si azzerano poi quando qualche “esperto esterno” entra in aula e deve gestire un’ora di lezione, avendo davanti a sé 25-28 alunni.

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