E così, dopo tre mesi e mezzo, l’iter parlamentare del disegno di legge sulla scuola si è concluso, fra le polemiche e le proteste, così come era iniziato.
Non sono bastati 100 giorni di dibattii, tavole rotonde e soprattutto manifestazioni e scioperi per modificare nella direzione richiesta da insegnanti e sindacati il testo di un provvedimento che fin dall’inizio il Governo si era mostrato poco sensibile a mettere in discussione.
Le ultime battute, in Parlamento e fuori, sono state caratterizzate da toni quasi apocalittici: espressioni come “distruzione della scuola” e “morte della democrazia” si sono sprecate e solamente la storia futura potrà dire se c’è in esse esagerazione o rappresentazione obiettiva della realtà.
Per intanto però restano ancora alcuni passaggi apparentemente secondari ma dai quali dipenderanno comunque tempi e modi di attuazione della legge.
Il Quirinale dovrà dare il via libera alla legge (c’è chi spera ancora in un “NO” del presidente Mattarella) e poi ci sarà la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, in mancanza della quale la legge non può dirsi ancora operativa.
E, tenuto conto che i sindacati hanno già preannunciato ricorsi su ogni possibile errore, c’è da credere che il Ministero si guarderà bene dal firmare qualsiasi atto prima che la legge sia stata pubblicata e dichiarata applicabile.
Insomma, l’avvio della riforma si preannuncia complesso e faticoso, anche perchè siamo già alla metà di luglio e i giorni lavorativi che ci separano dall’inizio dell’anno scolastico non sono molti.
La macchina del Miur ce la farà a garantire almeno il varo delle assunzioni promesse sui posti vacanti e disponibili (meno di 50mila in tutto) ? Lo capiremo meglio nei prossimi giorni.
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