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La digitalizzazione nelle scuole non naviga bene, anzi si incaglia

Wired.it solleva un problema non di poco conto, quello cioè di trasformare l’impostazione della scuola italiana con le nuove tecnologie “ senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. E il risparmio sulla carte e sulle fotocopie è sufficiente per potere acquistare un computer in tutte le classi, o di dare un tablet in mano a tutti gli studenti?
Fra l’altro il Miur non ha definito una linea guida precisa per pagelle e registri online: non esiste un software unico e ogni scuola deve cavarsela da sola.
Se alcune scuole virtuose sono avanti nelle sperimentazioni digitali, la gran ha difficoltà a collegare la spina della scuola digitale.
Il motivo? Wired.it cerca di spiegarlo.
Secondo una indagine promossa da Kion (Cineca) condotta su 200 presidi, il 45% degli intervistati ha dichiarato di non aver ancora tra le mani alcuna soluzione per il registro digitale. Di questi, il 72% cercherà un software sul mercato, mentre il 20% non ha le idee chiare. C’è poi un l’8% convinto di poter rinviare la decisione nel tempo grazie a una proroga di legge. Insomma, ognuno dei quasi 28mila istituti statali – dalle primarie in su – dovrebbe adeguarsi con le proprie forze.
Visti i numeri in gioco, monitorare la digitalizzazione caso per caso è praticamente impossibile.
Nonostante lo stanziamento di fondi, i programmi del Miur sono diretti soprattutto alle scuole già dotate di attrezzature e connessione soddisfacenti. C’è il rischio, cioè, che gli istituti più arretrati siano penalizzati nella transizione dalla carta al digitale.
E come si fa a fornire dotazioni informatiche del tutto nuove le scuole senza svuotare le casse degli istituti nel giro di pochi mesi?
Una delle soluzioni, dice Wired.it, potrebbe essere quella di optare per software open source – il cui aggiornamento da parte di tecnici esterni non è comunque gratis – e per il riuso di macchine usate. Le spese sarebbero più contenute e a trarne vantaggio sarebbe l’intero territorio.
Ma la vera sfida resta comunque quella di insegnare proprio agli insegnati, oltre 700mila, come ci si muove tra strumenti online e linguaggi di programmazione.
Altro dato ancora non risolto: l’adozione dei testi digitali che è stata rimandata di almeno altri due anni scolastici.
Lo ha detto a Wired anche Ernesto Belisario ( @diritto2punto0), avvocato esperto di e-gov e nuove tecnologie: “Il rinvio degli ebook al 2015 è una follia e il ‘non siamo pronti ‘ del ministro Carrozza è un segnale pessimo. Non sappiamo neppure quali saranno le tecnologie disponibili tra due anni: se l’innnvoazione non è veloce tutto diventa inutile. Serve un piano effettivo di switch off delle vecchie tecnologie che abbia una scadenza precisa. In parole chiare: non si torna più indietro. Purtroppo l’Italia ha il difetto di essere il paese dell’eterna sperimentazione. Però nel nostro paese gli esempi virtuosi esistono. Questo lo sappiamo. È arrivato il momento che i progetti pilota diventino esempi da seguire e applicare su vasta scala”.
Uno spiraglio si è aperto nel versante tecnologico col decreto del 9 settembre scorso, che prevede lo stanziamento di fondi a favore della scuola e dell’ istruzione universitaria. In particolare, ci sono 15 milioni di euro per incrementare la connettività wireless nelle scuole secondarie (con priorità a quelle di secondo grado); 8 milioni (2,7 per il 2013 e 5,3 per il 2014) per finanziare l’acquisto da parte di scuole secondarie di libri di testo – da ora facoltativi e sostituibili con altro materiale – e ebook da dare in comodato d’uso agli alunni bisognosi; 10 milioni per il 2014 per la formazione del personale scolastico anche sul piano delle competenze digitali.

Pasquale Almirante

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