Home I lettori ci scrivono La morte dell’educazione e della buona condotta a scuola

La morte dell’educazione e della buona condotta a scuola

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Dov’è l’educazione e dove sono la buona condotta a scuola? La risposta è: la buona educazione è morta perché la famiglia non educa più e la scuola non può sobbarcarsi questo onere. La gestione del gruppo classe è una cosa difficile da costruire con le nuove generazioni, ma altrettanto complesse sono le dinamiche che si instaurano al di fuori dell’ambiente scolastico, quando i ragazzi si confrontano con la realtà esterna.

Si tratta delle competenze sociali, ossia del tessuto di relazioni e di comportamenti da tenere all’esterno. Quando sono fuori dalle mura scolastiche i ragazzi sembrano che vadano a briglia sciolta assumendo, spesso, comportamenti poco consoni alla civile convivenza. Fuori da contesto scolastico il ruolo non deve più essere gestito dagli insegnanti, ma dai genitori, perché la buona condotta e la buona educazione che devono manifestare all’esterno della scuola non rientra nei compiti del docente, ma in quello genitoriale.

Infatti le espressioni “comportati bene”, “non usare un linguaggio scurrile”, “porta rispetto per gli adulti”, non sono affidate ai docenti, anche se anch’essi educatori, ma principalmente alla famiglia, che deve dare l’indirizzo educativo dei figli. Quando si sta in un luogo pubblico (pizzerie, bar, teatri, musei) i ragazzi devono assumere un comportamento rispettoso, altrimenti, se accompagnati dagli insegnanti, offrono un’immagine dell’istituzione scolastica che danneggia non solo la scuola stessa di appartenenza ma anche la reputazione degli insegnanti.

Occorre, quindi, che gli studenti acquisiscano, prima ancora delle competenze linguistiche, tecniche, logico matematiche, le competenze sociali e relazionali che, purtroppo, in diversi contesti, non sono messe bene in evidenza. Bisogna, quindi, lavorare bene sulla socializzazione e sull’interazione ambientale, prima ancora di certificare le competenze disciplinari trasversali e i traguardi educativi.

Mario Bocola