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La scuola ai tempi del coronavirus

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Per riflettere insieme, orientare al meglio l’azione educativa e formativa nel cambiamento determinato nella scuola dall’emergenza sanitaria, con uno sguardo lungimirante a ciò che la scuola sarà dopo l’emergenza.

Sono una insegnante di matematica e fisica in pensione dal 01/09/2019. La mia esperienza professionale è lunga, articolata e ricca di esperienze. Ho iniziato il mio percorso professionale nell’ottobre del 1979  dopo aver conseguito la laurea in matematica presso l’Università “Federico II” di Napoli.

La grande curiosità che mi caratterizza, l’entusiasmo con cui ho sempre affrontato il mio lavoro, scelto e condotto con determinazione e senso di responsabilità, la continua ricerca di perfezionamento e di confronto, mi hanno spinto a intraprendere numerose attività di formazione in itinere presso agenzie accreditate dal MIUR e collegate ad ambiti universitari su tutto il territorio nazionale.

Un’altra esperienza professionale, realizzata presso l’Università della Basilicata, in qualità di docente formatore, coordinatore e supervisore delle attività di tirocinio per il conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento, mi ha consentito di approfondire le tematiche disciplinari afferenti alla mia classe di insegnamento, ma anche di ampliare e potenziare le mie competenze psico-didattico-pedagogiche.

Nonostante l’attuale allontanamento fisico dalla scuola, determinato dal mio pensionamento, mi sento ancora coinvolta nelle sue dinamiche e ho ritenuto opportuno dare un mio contributo di riflessioni in ambito strettamente didattico-pedagogico, sulla base di difficoltà emerse e condivise, attraverso diversi canali di comunicazione, da chi nella scuola sta operando nella conduzione e nella fruizione della “didattica a distanza”, unica tipologia di didattica oggi possibile.   

Difficoltà che mi hanno ulteriormente convinta dell’importante ruolo rivestito dalla scuola e, in particolare, dai docenti nella strutturazione emozionale, comportamentale e sociale della collettività.

Il Cambiamento Richiede Adattamento

Il cambiamento determinato dal coronavirus, anche nella scuola, ha avuto un impatto molto forte sulla quotidianità che ha reso tutti più fragili, ansiosi e apprensivi.

La preoccupazione per la salute propria e delle persone care, l’incertezza del dopo emergenza e la lontananza forzata dai genitori, dai nonni per proteggerli da eventuali trasmissioni del virus, dagli amici, dai compagni di scuola, dagli insegnanti, dagli alunni, dai colleghi, i cambiamenti che riguardano il lavoro dei propri genitori e le abitudini quotidiane, la sospensione della libertà stanno mettendo a dura prova la “tenuta” di molti studenti, genitori e docenti. Chiusi in casa da soli oppure in convivenza forzata con i parenti, già solo dopo qualche giorno di “quarantena” richiedono un supporto psicologico per non farsi prendere dall’ansia o dalla depressione. Sentono il bisogno di avere certezze, di sentirsi rassicurati.

La scuola in presenza è fatta di regole, è una regola, e sono le regole a dare certezza, a dare sicurezza.                                                                                          

La necessità e il piacere degli alunni e dei professori di vedersi anche solo per non perdersi di vista, ha scatenato una corsa alla didattica a distanza che sta funzionando bene non in tutti gli istituti e, cosa ancora più grave, non per tutti gli studenti. Non tutti hanno la possibilità di avere computer o connessioni internet performanti. Nelle case in cui ci sono genitori obbligati allo smart working o più fratelli impegnati nell’e-learning è impensabile immaginare che ci siano più postazioni o pc a disposizione. È evidente che il diritto/dovere del servizio scolastico a distanza non può essere esercitato con gli attuali mezzi, strutture e infrastrutture a disposizione.

Tutta l’operazione “didattica a distanza (DAD)” si sta sostenendo con la personale disponibilità etica e deontologica dei docenti e quindi in modo diversificato, improvvisato, assoggettato molto spesso, a scelte “fai da te” che hanno generato storture sul piano delle implicazioni psicologiche e pedagogiche.

Il problema di fondo è la confusione generata nei dirigenti scolastici e nei docenti dall’uso di una terminologia semanticamente non  opportuna in questa fase di emergenza sanitaria, che è anche di emergenza psicologica.

Definire “distanziamento sociale” la situazione di limitazione che attualmente si sta vivendo è, a mio avviso, fuorviante; fa pensare a una separazione tra classi sociali e a un distacco, un allontanamento tra componenti diverse che, in condizioni “normali”, interagiscono tra loro.

Più opportuno sarebbe stato definirla “distanza fisica”, “distanza personale”; ovvero allontanamento fisico, ma con continuità di relazioni sociali,  comportamentali e di attenzione alla gestione corretta di  interazioni tra soggetti che, nonostante tutto, devono continuare a collaborare.

Analogamente, in questo particolare periodo, è fuorviante parlare di “didattica a distanza”; è opportuno affrontare questa fase di emergenza per la scuola italiana come “azione strategica di compensazione e sostegno agli alunni”, lasciando ai docenti la prerogativa della conduzione con la propria formazione e competenza, ma con il rispetto della situazione di disagio emozionale determinato dalle incertezze  e insicurezze che caratterizzano la vita degli studenti e quella dei loro cari,  con la responsabilità di garantire la predisposizione psicologica all’apprendimento, anche quello autonomo, la massima inclusività, ma, anche, con uno sguardo attento e lungimirante a come dovrà essere la scuola dopo questa emergenza.

Un percorso, dunque, di accompagnamento per gli studenti che affrontano la solitudine, la paura e l’angoscia in questa “quarantena” forzata. Un luogo virtuale dove studenti, docenti e famiglie possono condividere emozioni e sciogliere dubbi trovando sostegno reciproco continuo.

Andare oltre la didattica, infatti, appare fondamentale per poter essere al fianco di  famiglie, bambini e ragazzi e accompagnarli nel confronto con l’emergenza e le sue conseguenze, pratiche, emotive e psicologiche.

Questo periodo di allontanamento fisico dalla scuola deve essere anche l’occasione per organizzare meglio l’impianto strutturale digitale e di rete su tutto il territorio e per riflettere, immaginare quella che dovrà essere la didattica nel dopo emergenza coronavirus.

Le situazioni di emergenza, la solitudine affrontata con serenità, senza timori, paure e ansie, intesa come stare soli con se stessi, guardarsi dentro, diventano occasioni di riflessione, di crescita; è, dunque, una situazione opportuna per pensare, immaginare, costruire e condividere percorsi formativi strutturati e non improvvisati, in grado di integrare, arricchire e supportare la didattica curriculare, in presenza, con la didattica a distanza, ormai diventata parte integrante della formazione scolastica. Non ci si troverà, così, impreparati di fronte ad un altro inevitabile,  futuro cambiamento nella quotidianità della vita scolastica, quando sarà possibile rientrare in aula o si sarà ancora costretti ad un’azione a distanza.

Dalla Didattica a Distanza alla Didattica del Vissuto      

In questo periodo storico la didattica a distanza, senza dubbio, sembra l’unica soluzione possibile per dare una certa sicurezza almeno in ambito scolastico, ma al momento è impossibile da mettere in pratica: la nostra nazione non è attrezzata, sia per le tante differenze esistenti su tutto il territorio (le connessioni non sono a tutti garantite; le lezioni vanno a scatti per chi ne possiede una normale), sia per la mancanza di istruzione per molti docenti sul come utilizzare alcuni siti, alcune applicazioni. Non ci sono i presupposti per garantire un completo diritto all’istruzione per tutti.

Molti alunni, poi, soprattutto i più piccoli, risentono della mancanza dei banchi di scuola, della figura dell’insegnante che li esorta allo studio muovendosi tra i banchi, vedendo così diminuire la loro capacità di concentrazione, l’autostima e aumentare il loro disorientamento. È una situazione surreale; lo stress è tanto.

È sicuramente vero che occorre sforzarsi di fare bene, ma non bisogna “strafare” per cercare di mantenere una certa immagine o per dimostrare di essere forti.

Connessi e stremati: la rivoluzione digitale trova tutti impreparati: è la riflessione di una collega di psicologia, attualmente in servizio presso l’Istituto “Isabella Morra” di Matera (Rosaria Scaraiawww.tecnicadellascuola.it – 23 marzo 2020).

Su questo sfondo, surreale e preoccupante, scorre la vita scolastica, interrotta improvvisamente, ma che continua, anche se non in presenza, con insegnanti che sono comunque presenti nella vita degli alunni.

La “didattica a distanza”, intesa e realizzata come una didattica di tipo tradizionale, con spiegazioni e interrogazioni, con l’ansia di dover esprimere voti, tra l’altro non consigliabile neanche in un percorso di didattica in presenza, non può funzionare; essere a contatto con gli studenti, anche in presenza, significa ascoltarli, parlare con loro, incuriosirli. Adesso è indispensabile continuare a farlo on-line.

Non bisogna eccedere con i compiti e con le lezioni frontali. Ci sarà il tempo per recuperare. Occorre lavorare molto sull’educazione emotiva, occorre non farli sentire soli; devono sentire l’abbraccio della scuola, il supporto per se stessi ma anche per le loro famiglie; deve diventare un’opportunità per ristabilire gli squilibri relazionali e comunicativi sopraggiunti, per sperimentare approcci che conducano alla manifestazione, rielaborazione e condivisione delle esperienze quotidiane. Deve essere dunque  “didattica del vissuto”, nel senso che deve offrire occasioni e stimoli ad assumere il  “farmacodella distrazione, a guardare dentro se stessi, a dare spazio alla creatività, alla manualità, all’immaginazione, alle potenzialità che si posseggono e che non sempre vengono riconosciute.

È un’occasione questa che la scuola deve saper cogliere, approfittando delle potenzialità di una solitudine resa creativa e produttiva: offrire agli studenti opportuni stimoli culturali e di riflessione, realizzare percorsi educativi e formativi di sostegno emotivo, condivisibili anche nell’ambito familiare e amicale, capaci di avere una ricaduta emozionale, sociale quando tutto sarà finito o, anche, nell’ipotesi che le restrizioni abbiano un carattere meno opprimente;  proposte capaci di stimolare la curiosità, la fantasia, l’immaginazione, la creatività, l’estro.

Aspetti che, una volta scoperti e valorizzati, potrebbero essere spesi anche nella scuola che verrà, ricordando le parole di Neruda: “Nascere non basta.  È per rinascere che siamo nati. Ogni giorno. E spesso rinasciamo grazie anche alle parole e dalle cure di chi ci ama”. I lavori prodotti                                                                      rappresenteranno il documento di ciò che si è vissuto durante questo periodo di isolamento e potranno essere utilizzati per creare un’occasione di socialità dopo l’isolamento fisico.

La Didattica dopo l’Emergenza Coronavirus… Quale Alternativa?     

Una possibile proposta è quella di far tesoro delle esperienze maturate durante il periodo di emergenza; esperienze laboriose, improvvisate, a volte anche disastrose, ma pur sempre significative se metabolizzate attraverso la riflessione e la condivisione all’interno degli organi collegiali di competenza; se opportunamente orientate ed integrate all’attività didattica in presenza in percorsi di formazione innovativi,  ma organizzati e pianificati, nel rispetto della libertà degli insegnanti di scegliere le modalità più corrispondenti alle diverse tematiche disciplinari e alle esigenze degli alunni, possono costituire un arricchimento dell’azione formativa offerta.

Le attività da privilegiare in presenza sono quelle prioritarie che offrono conoscenze, costruiscono competenze e che educano gli alunni a diventare cittadini: lezioni, attività di valutazione formativa e sommativa, attività pratiche e di laboratorio. Le attività a distanza con modalità multimediale da fruire a casa, organizzate e pianificate nel tempo, in modo da non interferire negativamente su quelle in presenza, ma a completamento e di approfondimento delle stesse, possono essere quelle collaborative: attività laboratoriali, attività  di gruppo, dibattiti, conferenze.

Margherita Capalbi