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La scuola della deresponsabilizzazione al tempo del coronavirus

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Mi chiamo Sonia Venturi e sono una docente di Filosofia e Storia presso un liceo nella provincia di Perugia.

Volevo intanto ringraziarla per la lettera che ha inviato a tutto il personale della scuola. Veramente ha evidenziato la fatica ed il lavoro (che spesso non emerge) che la scuola sta profondendo in questi durissimi momenti per il nostro Paese ed i nostri ragazzi. Grazie perché è un riconoscimento che mi sembra sia passato  in secondo piano , non ovviamente per vani elogi alla categoria, ma perché forse si ha poca percezione sociale di come la scuola sia stata e continui ad essere un punto fermo e di riferimento nella quotidianità dei nostri ragazzi e di come la routine mattutina ora dia una parvenza di normalità e sia una “ancora di salvezza” e speranza per molti.

Non mi soffermo sui tantissimi problemi che solleva la DAD di cui tutti sappiamo e che Lei, che proviene dall’ambito scolastico in quanto insegnante ha compreso perfettamente.

Questa mia lettera è solo per una riflessione da insegnante sulla valutazione dei nostri studenti.

Si sentono molte voci sul fine anno (alle quale Lei ha detto bene di non dare adito fino a quando non ci sarà un pronunciamento ufficiale ministeriale). Quello che mi rattrista di più è l’ipotesi della sanatoria finale sul modello di una “italietta” che mi permetta di dire non mi sento di far parte e che non  siamo affatto.

Capisco il momento, capisco le difficoltà, capisco la diversità di erogazione della didattica a distanza in contesti difficili sia sociali che familiari, ma dove essa è stata attivata (e la mia scuola l’ha attivata da subito con grandissima competenza e responsabilità della  Dirigente, dei professori e del team digitale degli insegnanti che ci supporta (e sopporta se mi permette una battuta,…) nei problemi che troviamo nella piattaforma attivata, credo che la valutazione debba rispondere al reale lavoro dei ragazzi.

Mi spiego: ragazzi con diffuse insufficienze il primo quadrimestre in pagella, con prove insufficienti  svolte in classe all’inizio secondo quadrimestre ed insufficienti durante le interrogazioni on line attivate in questo periodo , credo non debbano essere premiati solo perché viviamo o abbiamo vissuto  in una situazione di emergenza una parte dell’anno scolastico (o tutto se non si rientrerà).

Lei sa bene che un insegnante ed il relativo consiglio di classe prima decidere di non ammettere  le ha provate tutte, così come la scuola che avverte quaranta volte i genitori delle insufficienze  del figlio (genitori che nemmeno si presentano ai colloqui per poi andare dai Dirigenti per spalleggiare i figli nei quali vedono riflessa la loro sconfitta educativa scaricando frustrazioni e responsabilità sulla scuola), che attiva sportelli pomeridiani gratuiti nelle materie più ostiche (sollevando le famiglie dall’onere economico delle ripetizioni private), che parla , cerca di chiarire.

Ma fatto questo se uno studente rimane fermo su valutazioni (e non solo votazioni)  insufficienti deve essere fermato anche in questa situazione, sia che frequenti i primi quattro anni sia che debba essere ammesso alla maturità.

Troppo spesso la scuola, la società e la famiglia fa vivere i giovani in una “comfort zone” dove tutte è dovuto, scusato, concesso, dove l’impegno ed il sacrificio sono termini desueti , dove per quieto vivere non si dice più che  abbiamo formato generazioni incapaci di gestire sofferenze e sconfitte che la vita presenta sempre.

Allora la mia non vuole essere una lettera di incitamento alla “bocciatura”, ma alla meritocrazia , al capire che il compito di educatori è quello anche di dire dei no (motivati, seri, dopo che si è fatto un buon lavoro) per trarre fuori il meglio da queste generazioni. Chiedo veramente che anche Lei non si arrenda alla logica del buonismo e del pressapochismo che a volte ci fa comodo e che livella l’uomo e lo getta per dirla heideggeriamente a livello di semplice ente.

Gli insegnanti hanno lavorato e lavorano forse di più in questa didattica, conoscono i loro studenti, sanno benissimo che questo mese o due o tre non stravolgono le cose, sanno quali competenze sono acquisite da prima della fine dell’anno.

Impedire le rare bocciature che ci potrebbero essere ed impedire una serena valutazione anche di non ammissione (paura dei ricorsi  per la situazione in atto) sarebbe nuovamente abdicare alla funzione educativa che non riconosce  più il merito, sarebbe disorientare i ragazzi che si sono sempre impegnati , che hanno resistito anche in questa situazione   e che si vedono livellati con chi non ha fatto nulla (e lo sappiamo noi adulti che comunque questi ultimi troveranno enormi difficoltà nel proseguo degli studi mentre chi si è impegnato no…ma questo i primi lo capiranno con il senno di poi) ed infine  sarebbe  mi permetta un motivo di declassamento della funzione docente.

Il mio rammarico è questo: che questa situazione di coronavirus diventi un ulteriore motivo di deresponsabilizzazione per i ragazzi, quando invece dovremmo lavorare per permettergli di costruirsi una buona “corazza” fatta di impegno e di duro lavoro per fronteggiare gli imprevisti della vita (il famoso cigno nero del testo di Taleb).

Il decreto è alle porte e credo che purtroppo sia vano questo mio discorso, ma ho voluto comunque esprimermi sicura di rappresentare molti insegnanti ai quali sta a cuore un minimo di riflessione fuori dai consueti “buonismi” che sappiamo tutti per esperienza non hanno mai aiutato nel tempo nessuno.

Sonia Venturi