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La scuola non ha bisogno di presidi manager devoti, servono relazioni serene: altrimenti il contenzioso aumenta

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    Talvolta la contemporaneità degli eventi ha un suo significato. Stavo considerando le ultime dichiarazioni del ministro Valditara che assicura che da fine agosto gli esperti ministeriali stanno lavorando sul tema dell’educazione alle relazioni. Il lavoro, frutto di un confronto tra le parti interessate ha prodotto “linee guida che sono state meditate, su cui io credo – dice Valditara – potremo costruire una scuola e quindi anche una società che metta al bando la violenza, la prepotenza, l’arroganza e il maschilismo ed educhi alla cultura del rispetto, che per me è un valore centrale, proprio perché la persona è il centro, l’oggetto e il soggetto della scuola costituzionale”.

Benissimo, d’accordo. Qualche sospetto me lo lasciano gli “esperti” ma forse questo deriva dal fatto che ho letto Ivan Illich e che la sua polemica contro gli esperti “disabilitanti” mi ha convinto del tutto.

Vale a dire, per esempio: l’“esperto in ascolto” è soltanto il segno che quello che dovremmo essere in grado di fare tutti, in quanto esseri umani, lo sanno fare in pochi – gli “esperti”, appunto. 

Mentre leggevo Valditara mi arriva su Whatsapp un video del Corriere, anch’esso fresco di giornata.  Riporto la notizia integralmente, tanto è breve. Titolo: Arona, il preside del Fermi toglie ai ragazzi i cartelli di protesta durante la visita del ministro Valditara. Testo: “Manifestazione degli studenti lunedì 20 novembre davanti all’istituto d’istruzione superiore Enrico Fermi di Arona, in provincia di Novara dove il ministro all’Istruzione Giuseppe Valditara è stato accolto dal dirigente Giuseppe Amato.

All’uscita della scuola un gruppo di studenti è stato protagonista di una protesta per chiedere tra l’altro il diritto ad avere strutture scolastiche agibili e sicure […] «Una manifestazione pacifica – raccontano gli studenti -. Non stavamo facendo nulla di strano, solo protestare». Ma il preside ha strappato i cartelli ai ragazzi”.

Le immagini mostrano un adulto abbastanza infuriato, il preside, che toglie di mano ad un gruppetto di ragazzi i cartelli con le loro proteste, che riguardano soprattutto lo stato dell’edificio. Capiamo bene che il preside non voleva che la sua scuola facesse brutta figura con l’ospite importante.

Invece la brutta figura l’ha fatta lui, anche perché il Ministro, evidentemente più accorto, si è poi fermato a dialogare con gli studenti ed ha ritenuto legittime le loro proteste.

«Il governo sta investendo molto nella scuola e nelle strutture, ascolto tutte le lamentele», così ha detto Valditara.  Apprendiamo che, per frenare questi ragazzi così pericolosi, è intervenuta anche la Digos che “ha anche chiesto i nominativi dei ragazzi presenti ma gli insegnanti si sono rifiutati di fornirli”. 

Allora, un suggerimento per il Ministro: rifletta sul modo di fare del dirigente scolastico, sul suo atteggiamento che non sembra alieno da quell’arroganza che il Ministro sostiene di volere tenere lontano dalla scuola. Il preside manager crede spesso di essere un tutore dell’ordine costituito: invece di sentirsi il primo cittadino della scuola che gli è affidata si sente, insieme, giudice e tutore dell’ordine.

Si veda l’aumento dei casi di contenzioso nei confronti dei docenti, la crescita dello stress lavoro correlato, che hanno la loro causa prima nell’atteggiamento di certi dirigenti, tutt’altro che disponibili.

La “logica” meritocratica, inoltre, non ha fatto che buttare benzina sul fuoco del conflitto tra persone, accrescendo la tensione.

Ma c’è un’altra “serpe” che dovrebbe uscire al più presto dalla scuola: quella del servilismo. Chi è più in basso nella catena gerarchica spesso non contrasta chi sta in alto per puro indebito ossequio, con conseguenze certo non positive.

La scuola deve essere un luogo di relazioni serene e produttive di conoscenza: perché sia così gesti, pur piccoli, come quello di cui abbiamo parlato non devono più accadere. E non è sufficiente che il Ministro ascolti tutte le lamentele senza indagare sulle cause profonde delle stesse e su quanto trent’anni di aziendalizzazione (ridicola) hanno contribuito a deteriorare l’aria che si respira a scuola.