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L’assalto ai forni e la resa dell’istruzione

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L’assalto ai forni dei secoli passati, ora si è trasformato nell’assalto ai supermercati, come pure il furto della farina dai sacchi di altri poveracci si è mutato nello scippo dei sacchetti della spesa.

Al di là di Vico, la storia ritorna

La storia si ripete e, aldilà di Vico, di fronte a una emergenza come questa pandemia, che ha fatto serrare tutte le attività, qualcuno avrebbe dovuto pensare subito che tante famiglie, lasciate per decenni a procacciarsi da mangiare attraverso espedienti di ogni tipo, compresi lavoretti saltuari, attività in nero sottopagati e negozietti con miserabile reddito, non potevano andare avanti e continuare a tirare con stratagemmi la carretta.

Provvedimenti tampone

Se solo ora, di fronte alla evidenza di furti della spesa di gente affamata, il Governo sta mettendo in atto provvedimenti tampone, e forse del tutto inefficaci, viene pure in mente il furto di cultura e di istruzione che da tempo indefinito viene perpetrato dai governanti italiani nei confronti della scuola.

Tagli brutali, edifici pericolanti, nessuna politica per frenare gli abbandoni e le dispersioni, soprattutto nelle aree depresse del Sud, docenti reclutati senza verifiche e senza concorsi, dirigenti in cattedra solo per via giudiziaria, hanno contribuito a fare della nostra scuola più un luogo per percepire reddito che un rifugio per formare cittadini consapevoli, istruiti, abili a interpretare e capire il mondo e le sue difficoltà, intervenendo laddove occorreva.

Il Sessantotto e la sconfitta dell’ignoranza

Negli anni della Contestazione, durante i mitici mesi del “68, si pensava che l’istruzione di massa avrebbe dovuto cambiare il mondo, sconfiggendo in modo definitivo l’analfabetismo, l’ignoranza, l’accettazione acritica del potere e della cultura delle classi dominanti; e invece non è stato così, anzi, si sta manifestando con virulenza conclamata non solo l’analfabetismo di ritorno, ma anche l’imbambolarsi e rimbambirsi davanti a una tv che ha demandato la sua funzione di trasmissione di saperi e di informazione, alla pubblicità e al consumo, acuendo le distanze fra i suoi fruitori, mentre anche i cosiddetti social rispecchiano le differenze culturali e i livelli di istruzione, dentro cui imbonitori d’ogni tipo si sentono in diritto di dire la loro, falsificando e mestando.

E l’unico crivello per separare il loglio dal frumento doveva essere invece l’istruzione e la scuola alla quale però non si è voluto credere, mettendo sulle sue ferite inefficaci cerotti, ma non per inefficienza o ignoranza, bensì per razionale scelta, per consapevole intruglio di demagogia e lassismo.

Ciò che non si è fatto per la scuola

E ora, con l’emergenza da virus, ci si rende conto che i mancati aggiornamenti dei prof, i mancati concorsi, i mancati finanziamenti, le mancate dotazioni di attrezzature tecnologiche, le mancate specializzazioni sul sostegno stanno causando danni forse poco recuperabili che contribuiscono a isolare e abbandonare ancora di più chi già è stato abbandonato dallo Stato e isolato dalle Istituzioni, anche perché mai nessuno si è chiesto in termini scientifici, simili agli studi sul contagio e sul virus, che fine avrebbero fatto tutti quei ragazzi espulsi, per qualsiasi motivo, dalla scuola, dove avrebbero continuato la loro formazione e chi se ne sarebbe interessato, mentre nessuno si è dato pensiero delle loro famiglie e delle loro condizioni, comprese quelle di migliaia di immigrati recluse nei ghetti delle foreste cittadine o nei campi del caporalato.

Festa, farina e forca

A parte dunque la consueta ricetta borbonica che veniva ammannita al popolo: festa, farina e forca, in pochi al governo della nazione hanno inteso credere, in buona o cattiva fede, che solo l’istruzione può salvare il mondo, solo una scuola efficace ed efficiente può smussare e rintuzzare l’assalto ai forni e ai supermercati, proprio perché  la conoscenza e l’istruzione restituiscono principi, ideali, pratiche condivise, visioni del mondo, ma anche lavori, professioni, impegni, studi e soluzioni idonei alla pace sociale e alla comprensione della pace.

E se l’America di Trump svuota i supermercati, dopo essersi accorta che il virus non rispetta i muri e i confini, quella stessa Amerika nerboruta, che ha scelto l’istruzione e la sanità d’élite, svuota pure le armerie per difendersi dagli assalti dei nuovi affamati pellerossa delle praterie delle città.