
Caro collega, ho letto con attenzione il tuo articolo e colgo l’occasione per condividere alcune riflessioni personali.
Questi potrebbero essere tra gli ultimi articoli che pubblico come docente. Essendo un precario e un semplice ITP, temo che, con le riforme in atto che penalizzano molti docenti precari, potrei dover lasciare questa professione entro uno o due anni.Insegnare, per me, è stato un modo per aiutare gli altri a trovare il proprio posto nel mondo.
Ma questa è un’altra storia, e solo il tempo dirà come andrà a finire.
Premetto che non conosco il latino, se non per qualche parola sentita nei film, e confesso che mi sarebbe piaciuto conoscerlo.
A volte, ascoltando frasi in questa lingua così antica, mi sono chiesto con curiosità: “Chissà cosa hanno detto, chissà quale significato profondo racchiudevano quelle parole.”
È un interesse che non ho avuto modo di approfondire, essendo sempre stato più orientato verso le materie tecniche e pratiche, come un “topo da laboratorio” con un percorso culturale lontano da questi ambiti.
Condivido pienamente l’importanza di arricchire il bagaglio culturale degli studenti con proposte come il latino o, come si apprende in questi giorni dai notiziari vari, anche la lettura della Bibbia.
Non insegno da molto, dal 2017, e sono certo che chi ha più anni di esperienza potrebbe esprimersi meglio sulle trasformazioni della scuola.
Tuttavia, ciò che ho potuto constatare in questi anni è che le scuole tendono a organizzare moltissime attività extra, progetti ed eventi.
Sebbene spesso animati da buone intenzioni, questi rischiano di trasformare la scuola in un vero e proprio “progettificio”, sottraendo tempo prezioso alla didattica.
Con l’aumento di queste iniziative, e con i tagli orari che hanno colpito molte discipline, il tempo effettivamente dedicato alla didattica vera e propria si riduce sempre di più.
Inserire nuove attività, per quanto valide e interessanti, rischia di togliere ulteriore spazio a quelle materie che già hanno subito una significativa riduzione.
In conclusione, dico sì al latino, come alla lettura della Bibbia e a tutte le attività che possano arricchire la formazione culturale dei nostri studenti, ma solo se vengono integrate in modo corretto.
La scuola non deve diventare un luogo in cui ogni nuova proposta va a discapito di ciò che già c’è. Ogni iniziativa deve essere valorizzata senza compromettere la didattica e la formazione dei ragazzi.
Purtroppo, ciò che vedo è che si continua a sottrarre tempo ad altre discipline senza realmente incrementare le risorse.
È un po’ quello che è accaduto con l’educazione civica: una proposta valida, ma realizzata sacrificando ore di altre materie.
Aggiungere dovrebbe significare fare di più, con più tempo dedicato, non togliere da un’altra parte. Altrimenti, ciò che si presenta come innovazione rischia di trasformarsi in un boomerang, con meno tempo e meno qualità per la formazione dei nostri studenti.
È forse un caso che vedo arrivare allievi in prima superiore totalmente incapaci di prendere appunti, fare calcoli basilari o organizzare il proprio studio?
Prima di pensare al latino o ad altre aggiunte, bisognerebbe partire dalle basi e fare bene con ciò che già c’è.
Fabio Gangemi