Home I lettori ci scrivono Il Latino: un illustrissimo Signore degli Anelli

Il Latino: un illustrissimo Signore degli Anelli

CONDIVIDI

Avanti march!  E’ tutto un imperativo declinato al libero arbitrio del buon pensiero: in futuro, Marceremo  con il bottino della memoria o Marciremo di eternità inorganica? Tertium non datur.

Chi ha voglia di ripartire sul serio per un continente nuovo, non prima esplorato, misuri prima, infatti, le proprie spalle. Il-lumi-niamoci del Bello, che è radicato nella storia, senza fare autodafé, accendendo, nel cimitero dell’incuria, i lumini ai  propri Lumi della Ragione! Una virtù dianoetica è da rimettere in moto, Aristotele docet; ergo, un’implorazione, prima di un’attenta esplorazione, in un es-ergo. L’antico è una grande muraglia di certezze, che in comunione amorosa fa grande una  comunità: un caro Amato ed un Car( r)o  a(r)mato, un miles militans di amore bimillenario. In esso si in-ocula maggiore grazia, in-anellando un giro d’onore:  ed il risultato è quello di diventare In, nella nostalgia, piena di grazie, delle classicità.

Si ricordi, per di più,  che le forze inferme di disfacimento, benché inermi, non prevarranno mai: l’Araba fenice risorge ed insorge sempre dalle proprie ceneri. Ed è sempre un’insurrezione, quella che ne viene fuori,  anzi una rivoluzione, che crea in suo nome pro-creando. Il Signore degli Anelli di tutto ciò ne è un magistrale esempio: un’opera di scavo e di ricodifica,  sicuramente! Tolkien,  glossopoeta e  principe del fantasy, riconosceva senza mezzi termini il debito con gli studia humanitatis in quella che è la grammatica della saga: la lingua elfica Quenya, ideata sulla base del latino con elementi di finlandese e greco, lingue che suscitano in lui un piacere fono-estetico. Scartabellando le pagine di quest’epopea postmoderna, ci accorgiamo anche che la quieta sensazione di contemplazione della natura, il sentimento di un giorno desinente in un alone luminoso di amenità e la promessa implicita di riposo e di recupero delle energie  imparentano la prima Bucolica di Virgilio e la cena  di Frodo e dei suoi compagni nella casa di Maggot, come in un testo con traduzione a fronte, ma per due opere differenti.

Nell’ambito delle catabasi strettamente intese, poi,  per stessa ammissione dell’autore, si trova nella favola di Beren e Lúthien un episodio simile alla leggenda di Orfeo ed Euridice, ma a ruoli invertiti: Orfeo scende nell’Ade e convince il signore dei morti con la dolcezza del suo canto a rendergli la moglie; Lúthien ottiene da Mundos, preposto al regno dei trapassati, di riavere l’amato cantando un commovente lamento. Insomma, un bijoux tra  i gioielli del nuovo nell’Insuperato: oggi, invece, si tiene banco, mettendosi in chicchere e piattini, e presumendo di fare avanguardia,  dell’inutile, però! E qui si è realmente out, nel trionfo dei media! Un nuovo mos maiorum, ovvero un sepolcro imbiancato.

Francesco Polopoli