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Laureati che vogliono fare carriera all’Università, con la riforma nuovi concorsi e contratti: le anticipazioni della ministra Messa

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Ci sono importanti novità per i laureati che intendono rimanere professionalmente ad operare nell’Università e diventare ricercatori negli atenei italiani: da lunedì 27 giugno, infatti, è in calendario l’approvazione della riforma con cui il Governo intende velocizzare, unificare e razionalizzare il percorso dei giovani “cervelli italiani” che intraprendono la carriera universitaria.

Basta con i ricercatori di tipo A

“Il Parlamento lavorava alla riforma da un paio d’anni – ha ricordato Maria Cristina Messa, ministra dell’Università e della Ricerca in un’intervista al Corriere della Sera -. Lo scopo è di semplificare la carriera dei ricercatori scandendo meglio il percorso ed evitando inutili attese e perdite di tempo”. Ma cosa cambierà in concreto? Il percorso, in pratica, “diventa unico, scompare il ricercatore di tipo A, che viene sostituito da un vero e proprio contratto di ricerca, come quello che all’estero è il cosiddetto post-doc: due anni, che possono diventare cinque se si tratta di un progetto europeo, nei quali il borsista ha un contratto con oneri previdenziali e pensionistici”.

I nuovi concorsi

Successivamente, il candidato alla carriera accademica “può tentare il concorso da ricercatore vero e proprio”.

“Si tratta di un percorso – dice ancora la ministra dell’Università e della Ricerca – di sei anni che può essere ridotto a quattro per chi ha già una certa seniority e, a fronte di una produzione di ricerca adeguata, può anticipare la presa in servizio come” docente universitario di tipo “associato in 4 anni”.

L’operazione è già finanziata

Le coperture economiche dell’operazione di rinnovamento organizzativo per chi intende diventare ricercatore universitario sono state assicurate con “un piano straordinario nell’ultima legge di Bilancio”, ricorda Messa: si è provveduto ad aumentare “il Fondo di finanziamento ordinario, che nel giro di quattro anni arriverà a oltre 900 milioni aggiuntivi: una grossa parte ho voluto che fosse destinata all’ assunzione di figure di docenza e di ricercatori”, ha tenuto a dire la ministra.

Professione poco attraente e chiamate dirette

Rimane il fatto, ammette però la stessa numero uno del dicastero dell’Università e della Ricerca che ad oggi “non è facile attrarre ricercatori, se non affronteremo con il prossimo bilancio la questione del welfare con stipendi e benefit”.

Ma cosa devono fare gli aspiranti ricercatori in attesa che il progetto diventi legge dello Stato? “Intanto abbiamo aumentato le chiamate dirette: uscirà un bando da 600 milioni per i ricercatori”, replica ancora la ministra Messa.

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