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Lavoro minorile in Italia: 1 ragazzo su 15 ha avuto esperienze con effetti anche sulla dispersione scolastica – L’indagine di Save the Children

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Presentata a Roma questa mattina, martedì 4 aprile, nella sede di Save The Children la ricerca “Non è un gioco”, la nuova indagine sul lavoro minorile. Presente, tra gli altri, anche la ministra del Lavoro e delle Politiche sociali, Marina Elvira Calderone.

I dati raccolti mostrano un quadro davvero preoccupante: quasi un 14-15enne su cinque svolge o ha svolto, un’attività lavorativa prima dell’età legale consentita (16 anni).

I dati

Si stima che in Italia circa 336 mila minorenni tra i 7 e i 15 anni abbiano avuto esperienze di lavoro, continuative, saltuarie o occasionali – il 6,8% della popolazione di quell’età, quasi 1 minore su 15. Tra i 14-15enni che dichiarano di svolgere o aver svolto un’attività lavorativa, un gruppo consistente (27,8%) ha svolto lavori particolarmente dannosi per i percorsi educativi e per il benessere psicofisico, perché svolti in maniera continuativa durante il periodo scolastico, oppure svolti in orari notturni o, ancora, perché percepiti dagli stessi intervistati come pericolosi.

Gli effetti sulla dispersione scolastica

Uno dei legami su cui porre l’attenzione è quello tra lavoro minorile e dispersione scolastica. I tempi di lavoro possano mettere a rischio la normale frequenza scolastica, con effetti negativi sugli apprendimenti e sui percorsi. A analizzare i rischi è Raffaela Milano, Direttrice del Programma Italia-EU di Save the Children che ha affermato: “Il lavoro minorile precoce è infatti l’altra faccia della medaglia della dispersione scolastica. In una stagione di crisi economica e di forte crescita della povertà minorile il rischio è che, in assenza di interventi, il quadro possa ancora peggiorare”. E aggiunge: “è necessario un intervento diretto a partire dai territori più deprivati per rafforzare le reti di monitoraggio, il sostegno ai percorsi educativi e formativi e il contrasto alla povertà economica ed educativa, con un’azione sinergica delle istituzioni e di tutti gli attori sociali ed economici”.

Ristorazione ed edilizia tra i settori interessati al fenomeno

Dall’indagine risulta che i settori prevalentemente interessati dal fenomeno del lavoro minorile sono la ristorazione (25,9%) e la vendita al dettaglio nei negozi e attività commerciali (16,2%), seguiti dalle attività in campagna (9,1%), in cantiere (7,8%), dalle attività di cura con continuità di fratelli, sorelle o parenti (7,3%).  Ad emergere sono anche nuove forme di lavoro online (5,7%), come la realizzazione di contenuti per social o videogiochi, o ancora il reselling di sneakers, smartphone e pods per sigarette elettroniche. Nel periodo in cui lavorano, più della metà degli intervistati lo fa tutti i giorni o qualche volta a settimana e circa 1 su 2 lavora più di 4 ore al giorno.

Lavoro minorile e criminalità organizzata

I dati raccolti hanno fatto emergere un altro particolare aspetto: la correlazione tra lavoro e giustizia minorile, mettendo in luce un forte legame tra esperienze lavorative troppo precoci e coinvolgimento nel circuito penale. Quasi il 40% dei minori e giovani adulti presi in carico dai Servizi della Giustizia Minorile – più di uno su 3 – ha affermato di aver svolto attività lavorative prima dell’età legale consentita. Tra questi, più di un minore su 10 ha iniziato a lavorare all’età di 11 anni o prima e più del 60% ha svolto attività lavorative dannose per lo sviluppo e il benessere psicofisico.

Il Podcast “Non è un gioco”

Ad accompagnare questo lavoro di analisi sarà il podcast “Non è un gioco”, realizzato da Save the Children in partnership con Will Media. Per quattro settimane si potranno ascoltare approfondimenti sul tema del lavoro minorile in Italia, partendo da una visione generale e dai dati del fenomeno, concentrandosi sugli aspetti di correlazione con la dispersione scolastica, sulle forme più dannose di lavoro minorile e sul mondo della giustizia minorile. In ogni puntata la giornalista Silvia Boccardi affronterà questi temi a partire dalle testimonianze dirette di ragazzi e ragazze, in un dialogo aperto con gli esperti di Save the Children.