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Le associazioni genitori contro il Miur: tratta le scuole cattoliche come fossero di serie B

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L’attuale Governo, e con esso il ministero dell’Istruzione, è sempre più spesso accusato di voler mettere in ginocchio l’istruzione pubblica e, nel contempo, favorire quella privata, soprattutto di stampo cattolico. Un versante, quest’ultimo, che però non manca occasione per rivendicare a sua volta la mancanza di attenzioni e risorse nei suoi confronti da parte dello Stato.
Stavolta le proteste (molti laici direbbero le pretese) sono nate a seguito dell’anniversario della formazione dell’Italia unita: a scatenarle è stata l’associazione ‘Associazione genitori scuole cattoliche’, che, lamentando la mancata messa in atto dell’articolo 3 della Costituzione, ha denunciato il mancato finanziamento da parte del Miur agli istituti non statali per attuare i festeggiamenti del 150° anniversario dell’Unità d’Italia.
Una denuncia che non è passata inosservata, anche perchè giunta congiunta con quella di un’altra associazione nazionale di genitori, l’Age: “in questo modo – hanno scritto le due associazioni – una iniziativa con un grande significato ideale è stata ‘stravolta’ da un apparato burocratico dello Stato che si erge a giudice insindacabile dei diritti dei cittadini. Come si può pensare di stimolare e far crescere il senso di unità nazionale nelle giovani generazioni, distinguendo tra studenti cittadini a seconda della gestione della scuola frequentata e disconoscendo la parità garantita dalla Costituzione e da una legge della Repubblica italiana?”.
Ma le accuse dei rappresentanti dei genitori sono rivolte, in particolare, al Dicastero di viale Trastevere, reo, a detta di Agesc e Age, di “discriminare alcuni suoi cittadini solo perché esercitano il diritto, universalmente riconosciuto ad ogni persona, di libertà di educazione”.
Ma c’è probabilmente anche un’altra lettura delle lamentele delle associazioni dei genitori: le celebrazioni si possono anche evitare, quel che conta è che i fondi destinati alle scuole non statali (in Italia in larga parte cattoliche) giungano a destinazione. Nei tempi stabiliti e, se possibile, con assegni più sostanziosi degli attuali, di fatto fermi da dieci anni. Il premier Berlusconi e lo stesso ministro Gelmini hanno in più occasioni auspicato la volontà di regalare alle nuove generazioni una scuola non statale accessibile al pari della pubblica. Che, tradotto sul piano pratico, significa puntare dritto al buono scuola: un assegno virtuale che le famiglie potrebbero decidere autonomamente in quale istituto scolastico spendere. Una possibilità che, però, farebbe cadere dalla sedia il raggruppamento dei contrari: che comincerebbero a rivendicare la mancata adozione dell’articolo 34 della Costituzione, in particolare il punto secondo cui “enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato…”.