“Penso che si può discutere dei criteri per decidere la valutazione, ma non impedire che si valutino i professori: quelli più bravi devono prendere di più, quelli meno bravi devono prendere di meno” [Matteo Renzi – 20 novembre – fanpage.it].
Un’asserzione che un amministratore scolastico, culturalmente attrezzato, non avrebbe mai fatto: l’assenza della visione sistemica e la mancata considerazione delle ordinarie pratiche progettuali [“sostanza dell’autonomia delle istituzioni scolastiche”] traspaiono inequivocabilmente.
In un’organizzazione razionalmente governata non esistono lavoratori bravi e lavoratori meno bravi: tutti devono rispettare gli standard qualitativi previsti.
La problematica della definizione degli standard è sconosciuta al nostro parlamento che, al comma 7 della legge 107/2015, indica tra gli “obiettivi formativi prioritari”: “L’apertura pomeridiana delle scuole”, “la riduzione degli studenti per classe”, “l’alternanza scuola lavoro” ..
A fondamento della definizione degli standard dovrebbe essere collocato un lessico preciso e condiviso: una carenza che l’amministrazione scolastica non ha mai affrontato.
Oggi si afferma che la finalità della scuola è la promozione di competenze, competenze definite per elencazione. Una scelta carica di significato perché conduce all’adesione, all’addestramento.
Un panorama sostanzialmente differente sarebbe apparso se le componenti di “competenza” fossero state esplicitate e poste alla base dei percorsi formativi/educativi.
Le competenze sono un MIX di capacità/abilità e conoscenza.
Le capacità/abilità determinano i traguardi comuni a tutti gli insegnamenti: i Piani Triennali dell’Offerta Formativa devono esplicitare dettagliatamente le strategie per la loro promozione; strategie che sostanziano il mandato conferito ai docenti; a esse sono vincolati, individualmente e collegialmente.
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