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Maternità surrogata, la storia di Ryan e Giuseppe: “I nostri figli hanno detto alla maestra che quella col pancione nelle foto è un’amica dei papà che li ha portati nella pancia”

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«Se due persone dello stesso sesso chiedono il riconoscimento, e cioè l’iscrizione all’anagrafe, di un bambino che spacciano per proprio figlio significa che questa maternità surrogata l’hanno fatta fuori dai confini nazionali». Queste le parole pronunciate qualche giorno fa dal vicepresidente della Camera Fabio Rampelli ai microfoni della trasmissione In Onda su La7, parole condivise anche dalla ministra per la famiglia, la natalità e le pari opportunità Eugenia Maria Roccella, che durante la trasmissione Mezz’ora in più su Rai3, ha ribadito la linea del governo Meloni: «Un genitore omosessuale può essere un ottimo genitore ma bisogna vedere che modello vogliamo: noi abbiamo un modello che prevede una mamma e un papà”. E ha aggiunto: “In Italia l’utero in affitto è vietato e ne è vietata anche la propaganda. In Europa ci sono addirittura delle fiere. Oggi può costare sui 100 mila euro e alle donne, nei Paesi dove è legale, ne arrivano 15/20 mila. Si tratta di decidere se una maternità possa essere una questione di mercato».

Ed è proprio sull’aspetto economico che ribattono Ryan Spiga e Giuseppe Ballone , due papà omosessuali intervistati da Francesca Del Vecchio su La Stampa. «Noi non siamo ricchi. Lavoriamo nella ristorazione. Viviamo a Roma in quattro in un appartamento di 70 metri quadri, al quarto piano senza ascensore. La spesa che ha inciso di più sono stati i viaggi oltreoceano. Ma è stata nettamente inferiore ai 100 mila euro di cui parla la ministra. Quanto alle condizioni delle surrogate, nel nostro caso Bethany è una persona facoltosa. Ci ha ospitati a casa sua per tre mesi, prima e dopo il parto. Non lo ha fatto per soldi. Anche perché in California, come in altri Stati, prima di poter fare la surrogata vengono verificate alcune condizioni a tutela della donna e dei genitori intenzionali».

Nell’intervista, Ryan e Giuseppe raccontano anche di come alla fine per i bambini sia molto più semplice di ciò che pensano gli adulti: «Qualche anno fa, per la festa della mamma, la maestra dei nostri figli chiese loro se volessero fare un regalo alla loro madre. La risposta fu: “Non abbiamo una mamma, quella col pancione che vede nelle foto è un’amica dei papà che ci ha portato nella pancia. Due maschi non possono fare bambini”. I nostri figli hanno sempre saputo la loro storia».