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Mattarella a Forlì: come diceva Platone, è un brutto segno quando si disprezzano le leggi e l’autorità

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Solo dal presidente Segio Mattarella poteva arrivare una citazione tanto dotta e tanto coerente coi tempi che stiamo vivendo a scuola e nella società più in generale, al di là delle solite solfe sul “68 che avrebbe dato la stura arifiuto del concetto di autorità e della competizione, e che avrebbe pure contribuito a rendere sempre più negletta l’autorevolezza del docente nei confronti delle scolaresche e del mondo intero.

Una citazione tratta dalla Repubblica di Platone e dunque dall’idea che aveva il filosofo greco, allievo di Socrate, del buongoverno che in essa veniva espresso. 

Idea di Repubblica e di governo che è cosa assai diversa dalla contrapposizione senza idee fra partiti odierni o dalle promesse enunciate in campagna elettorale, che poi non vengono mai rispettate. 

Nei dieci libri, viene teorizza lo Stato come realizzazione dell’armonica convivenza basata sulla giustizia, la quale da Socrate, protagonista del dialogo, viene rimodulata rispetto ai sofisti restituendole un rapporto paritario insieme con sapienza, felicità e virtù.

La realizzazione della felicità attiene allo Stato e consiste nella giustizia e nell’armonia, in mano ai saggi, ai filosofi che si fondi sulla saggezza e non sull’ambizione.

Ed eccolo il punto su cui Mattarella insiste: la saggezza e la sapienza in mano ai maestri e in nome di questi concetti educare i giovani, come per certi versi va predicando Galimberti a cui sicuramente i dialoghi di Platone, e questi concetti dal filosofo greco  tramandati, sono ben noti.

Ripete Mattarella, citando appunto Platone alla inaugurazione del nuovo anno scolastico in all’Istituto ‘Saffi-Alberti’ di Forlì: “Dobbiamo incoraggiare il lavoro di tanti insegnanti, entusiasti e volenterosi, aiutare la loro strada per camminare insieme agli studenti, evitando che cambino ogni anno, con la necessità di ricostruire ogni volta il rapporto con loro. Assicurando loro condizioni economiche adeguate, e restituendo pienamente alla loro funzione il prestigio che le compete nella società e che talvolta è messo in discussione da genitori che non si rendono conto di recar danno ai propri figli”. E poi l’affondo:

“Perché come insegnava Platone:  Quando i figli presumono di essere uguali ai padri, i maestri tremano davanti agli scolari, e preferiscono adularli anziché guidarli, quando si disprezzano le leggi, e non si sopporta più alcuna autorità, allora è segno che sta per cominciare la tirannide”.

Ma questa citazione dimostra pure un’altra questione che è poco dibattuta o poco frequentata, e cioè che alcune contraddizioni, come appunto quella del maestro che invece di punire o giudicare con rigore, adula l’alunno per evitare crisi e non rischiare di essere maltrattato, sono assai antiche, trovano riferimento nella notte dei tempi; insieme a quell’altra della mal sopportazione dell’autorità non solo paterna-materna, ma anche dello Stato e delle sue legge, delle sue prerogative e dunque anche di ciò che l’insegnate in classe rappresenta, vale a dire la Legge e lo Stato, il suo ordinamento.  

Elementi di contraddizione, citate da Platone, ma che ancora oggi persistono e che probabilmente difficilmente si potranno estirpare e  non solo dalla scuola.