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Sanremo 2023, il monologo di Paola Egonu: “Non è perdente chi a scuola prende il voto più basso”

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Nel corso della terza serata della 73esima edizione del Festival di Sanremo 2023, oltre alla frecciatina di Alessandro Siani rivolta a Lucia Azzolina e ai suoi banchi a rotelle, anche la co-conduttrice Paola Egonu, campionessa di pallavolo, ha toccato, nel suo monologo, il tema della scuola.

Chi sono davvero i perdenti?

La sportiva ha riflettuto su una questione che, volendo, si ricollega a quanto abbiamo visto nel corso della prima serata, con la sfuriata di Blanco contro i fiori sul palco dell’Ariston: la capacità di perdere e di reagire di fronte agli ostacoli: “Sono più le finali che ho perso di quelle che ho vinto, eppure questo non fa di me una perdente. Così come non è perdente chi a scuola prende il voto più basso, chi non riesce a realizzare al primo colpo il suo sogno, non è perdente nemmeno chi arriva nelle ultime posizioni in classifica”, ha esordito la pallavolista, parlando di valutazioni degli studenti.

“Vasco Rossi nel 1983 arrivò penultimo a Sanremo. Un altro non perdente che ci ha insegnato che dalle sconfitte più dure possono nascere i successi più grandi. Ognuno con il suo viaggio, ognuno diverso”, questo il forte messaggio di Paola Egonu.

Stop ai voti bassi a scuola?

La questione dei voti bassi a scuola è stata ampiamente dibattuta nell’ultimo periodo, soprattutto dopo la proposta di Philipp Achammer, assessore provinciale alla scuola in lingua tedesca, che si è scagliato contro la pratica di assegnare voti sotto il quattro agli studenti in pagella.

La Tecnica della Scuola ha anche proposto un sondaggio ai propri lettori sul tema: dall’indagine è emerso che due docenti su tre non sono d’accordo con l’idea dell’assessore.

La proposta aveva fatto discutere, tanto che il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, aveva commentato: “attenzione a non far crescere nell’ovatta i nostri ragazzi. Se non li abituiamo ad affrontare le frustrazioni che nella vita saranno tante facciamo il loro male”. La questione rimane divisiva: occorre abituare i ragazzi a “saper perdere” o è meglio non abbattere la loro autostima?