Attualità

No al corso di arabo: un’Italia di muri e tifoserie contrapposte

Ci risiamo. Nel «bel paese là dove ‘l sì suona», risuona un ennesimo, stonato, terribile “No”. Nella scuola elementare di San Felice sul Panaro (provincia di Modena), dove da domenica 13 gennaio si sarebbero dovute tenere le lezioni di arabo e di approfondimento sull’islam per una cinquantina di bimbi musulmani figli di immigrati, la Dirigente Scolastica ha deciso di sospendere l’iniziativa. Perché lo ha fatto? A causa della bufera mediatica che la notizia aveva scatenato livello politico nazionale (come La Tecnica ha segnalato pochi giorni or sono).

L’esultanza dei vincitori

«Tale episodio deve servire da monito e non farci abbassare la guardia», è il grido di vittoria del senatore di Forza Italia Entico Aimi, che aggiunge trionfante: «Occorre stabilire con chiarezza che i locali pubblici, e in particolare quelli di una scuola, non possono essere concessi uso e consumo di associazioni islamiche, per fare proselitismo religioso. Su questo il Ministro dell’Istruzione deve intervenire con una circolare specifica». Parole nette, categoriche e perentorie. Dalle quali sembrerebbe lecito dedurre che, secondo il senatore, i locali scolastici possono essere concessi a chiunque altro — come infatti già avviene in tutta la Penisola — tranne che ad associazioni islamiche. Ma una simile discriminazione è giusta? È legittima? E soprattutto, è in linea con l’articolo 3 della nostra Costituzione?

La cultura non è mai un pericolo

Eppure le lezioni, tenute dall’Associazione italo-magrebina “La Pace” (il cui Presidente, da 25 anni in Italia, è stato alunno della medesima scuola), erano state regolarmente approvate dal Consiglio d’Istituto della scuola stessa, non prevedevano indottrinamento religioso né preghiera, e miravano esclusivamente ad inquadrare la cultura di provenienza dei bambini destinatari del progetto entro i limiti di una corretta informazione, sotto il controllo dell’istituzione scolastica. Evidentemente la gazzarra, scatenata da ambienti della destra xenofoba contro il pericolo d’invasione aliena, ha intimorito la Dirigente; la quale, forse, non se l’è sentita di sostenere fino in fondo una decisione di civiltà contro l’opinione di chi strilla più forte, ed ha preferito scavalcare il Consiglio d’Istituto piuttosto che mettersi contro il gigante Golia. Decisione comprensibile; che però ci obbliga ad alcune riflessioni.

Chiacchiere senza coerenza (e senza margini di confronto)

In Italia non si fa altro che parlare, specialmente se questo parlare è subito dopo contraddetto dai fatti. Tanti, anche e soprattutto nelle istituzioni, si riempiono la bocca della parola “integrazione”, gustandone il dolce suono come fa un bambino che assapori una caramella. Quando però si tratta di prendere decisioni coraggiose (e coraggiose semplicemente perché coerenti con i grandi princìpi umanitari sbandierati ai quattro venti da chiunque), allora si scopre che, dietro le affermazioni altisonanti, c’è poco o nulla di serio.

Siamo in un momento storico in cui l’umanità, anziché collaborare per salvarsi (dal momento che ci si salva tutti insieme, o nessuno potrà mai dirsi davvero salvo) getta a mare chi è debole. Si costruiscono muri ovunque, concreti o virtuali, fisici o mentali che siano. Il fascismo, il nazismo, il totalitarismo di ogni segno e colore costruiscono i propri feticistici monumenti di regime nella testa degli individui, inducendoli a non riconoscere se stessi nell’altro da sé, ed a vedere anzi nell’altro un alieno, venuto da altri mondi per distruggerli. Ci si guarda con sospetto in metropolitana, nei posti di lavoro, per la strada.

La Scuola, isola di umanità

Qualcuno sparge benzina su questo incendio latente, affinché la diffidenza cali anche sulla Scuola; la quale dovrebbe essere, in quanto comunità educante, luogo libero dalle sciocchezze e dai luoghi comuni, dalle ideologie e dalle mode, dai totalitarismi e dai razzismi di bassa lega.

Scrive il consigliere comunale di San Felice sul Panaro Niccolò Guicciardi: «Se il timore del centrodestra sanfeliciano è da riferirsi ad un fantomatico rischio radicalizzazione, in quanto sarebbe stato insegnato “l’Islam” ad un certo numero di bambini arabofoni, credo davvero possa dormire sonni tranquilli. D’altronde chi ha sempre, e giustamente, chiesto massima trasparenza su questo tipo di attività e su ciò che avviene all’interno delle moschee, non avrebbe avuto nulla da temere su un’iniziativa che si sarebbe tenuta all’interno delle aule di Via Montalcini, sotto il pieno controllo delle istituzioni scolastiche e alla totale luce del sole».

Il sonno della ragione e i suoi mostri

Impedire a immigrati musulmani di istruire i bimbi dei loro correligionari sulla realtà della loro religione, otterrà il bel risultato di gettare quei bimbi proprio tra le braccia degli integralisti islamici veri: quelli che l’indottrinamento alla violenza e all’odio contro l’Occidente lo praticano sul web, e che non chiedono certo il permesso ad una istituzione scolastica per spiegare il Corano a modo loro.

Complimenti, ancora una volta, a chi si sente più tranquillo addormentando la propria ragione e quella altrui, senza guardare in faccia i mostri che questo sonno della ragione sta generando.

Alvaro Belardinelli

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