Home I lettori ci scrivono Non sarebbe stato meglio se la preside di Firenze avesse indetto un’assemblea?

Non sarebbe stato meglio se la preside di Firenze avesse indetto un’assemblea?

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È a tutti noto quanto sabato 18 febbraio è accaduto davanti al liceo Michelangiolo di Firenze: scontri tra studenti di opposti raggruppamenti politici.

La Digos fiorentina sta ancora indagando sull’episodio per l’accertamento dei fatti, ma “certa” stampa non ha perso occasione per incitare all’odio, per stimolare a “combattere” ed allora “dagli al fascista”! “fascistello okkio”.

LA NOTIZIA: “Agguato fascista al liceo di Firenze. Valditara manganella la preside”.

IL RIFORMISTA: “Aggressione squadrista”.

DOMANI: “L’agguato squadrista di Azione studentesca”.

IL GIORNO: “Liceali aggrediti da giovani di destra”.

Anche il sindaco di Firenze Nardella, invece di aspettare le conclusioni delle indagini della magistratura, ha emanato il suo verdetto: “È squadrismo”.

Eppure un testimone afferma cose diverse: «C’era questo volantinaggio dei ragazzi della destra. Sono usciti quelli dei Collettivi e hanno cominciato ad insultarli e strappare i volantini. Hanno tirato delle spinte e a quel punto quelli di Azione Studentesca hanno cominciato a picchiare».

Si è allineata al pensiero dominante del “politicamente corretto” anche la dirigente scolastica dell’istituto, che ha indirizzato agli studenti non una “lettera”, ma una apposita circolare in cui tra l’altro vi è scritto:

“Il fascismo in Italia non è nato con le grandi adunate da migliaia di persone. È nato ai bordi di un marciapiede qualunque, con la vittima di un pestaggio per motivi politici che è stata lasciata a sé stessa da passanti indifferenti”.

“Chi decanta il valore delle frontiere, chi onora il sangue degli avi in contrapposizione ai diversi, continuando ad alzare muri, va lasciato solo, chiamato con il suo nome, combattuto con le idee e con la cultura.”

Tale “lettera” (!) ha suscitato un mare di polemiche, anche perché la dirigente scolastica è anche appartenente ad un partito politico e conseguentemente poco “neutrale”, perché ad essere maliziosi fra le sue righe si intravede un meta-messaggio contro l’attuale maggioranza di governo.

Il presidente dell’Associazione Nazionale Presidi, al di là di ogni approfondimento in merito al verificarsi dell’episodio, senza se e senza ma si è subito schierato in difesa della dirigente scolastica in ossequio alla solidarietà corporativa: “Non poteva stare zitta, ha esercitato il diritto di espressione, un principio garantito dalla Costituzione”.

Giusto, giustissimo, il libero pensiero e la libera espressione sono un diritto della dirigente scolastica, ma tale principio deve valere, ovviamente, anche per i docenti o il personale ATA quando esprimono opinioni diverse da quelle del capo d’istituto. Vi sono infatti docenti che subiscono procedimenti disciplinari per avere espresso il proprio pensiero. L’ANP in un corso di formazione per i dirigenti scolastici invitava i propri iscritti a «non “avere le mani legate” rispetto a docenti contrastivi». Presidente, come la mettiamo? Il dirigente scolastico non può restare in silenzio ed invece i docenti devono tacere perché gerarchicamente inferiori?

L’ANP non ricorda Voltaire? “Io combatto la tua idea, che è diversa dalla mia, ma sono pronto a battermi perché tu la propria idea, la possa esprimere”.

Quindi la libertà di pensiero e di espressione è un diritto per tutti, specie a scuola, che è e deve essere sempre il luogo in cui ci si confronta rispettando le opinioni di tutti.

La ferma condanna di qualunque atto di violenza è un dovere per tutti, specie per chi si occupa dell’educazione dei giovani. Non è però opportuno strumentalizzare un episodio per fini partitici, elaborando una pseudo analisi empirica socio-politica della realtà ed una interpretazione della “Storia” in modo distorto: “decantare il valore delle frontiere” – “onorare il sangue degli avi” sono valori del Risorgimento italiano e “qualificare con il loro nome” (cioè fascisti) coloro che vi credono è una mistificazione ed un incitamento alla violenza.

Sarebbe stato saggio evitare affermazioni che gettano benzina sul fuoco, aizzando la contrapposizione, perché l’obiettivo dovrebbe essere invece quello di una pacificazione e di una convivenza rispettosa.

Si sarebbe potuta convocare un’assemblea di tutti gli studenti dell’istituto per stigmatizzare i fatti e permettere a tutti, a tutti, docenti e studenti, di poter esprimere il proprio pensiero, qualunque sia. È giustissimo ed anche doveroso parlare di politica a scuola, analizzare il quotidiano, perché ciò fa crescere le coscienze degli studenti, ma senza che vi sia nel dibattito una piega ideologica, una strumentalizzazione, un indottrinamento perché ciò trasformerebbe la scuola in un terreno di scontro. Ce lo suggerisce anche il dirigente scolastico del liceo Carducci di Milano dopo le “foto a testa in giù” attaccate nei pressi della scuola. Invece di lanciare anatemi ha scritto una circolare “educativa”, non divisiva, non incendiaria, confermando il liceo Carducci come “uno spazio plurimo, aperto, pacifico: democratico, dove si promuovono i valori della democrazia, della tolleranza e del pluralismo indicati nella Costituzione; una scuola di politica, perché gli studenti hanno la possibilità di apprendere a praticare il culto della rappresentatività, del confronto, mantenendo sempre spalancata la porta del dialogo educativo”.

Invece la dirigente scolastica ha preferito “chiudere la porta del dialogo educativo”, schierandosi apertamente ed ufficialmente da una parte per esprimere il proprio diktat (cioè il proprio personale pensiero) per mezzo di una circolare, un atto ufficiale con cui il superiore gerarchico della scuola intende dimostrare di avere lo “scettro” del “potere”: vi dico io qual è la verità, funzionale e strategica al pensiero unico e alla omologazione. In tal senso può anche essere interpretato come un atto autoritario, perché di fatto non permette il libero pensiero e la libera espressione al démos, al popolo della scuola, studenti e docenti.

Uno scritto, su carta intestata del Ministero, non rappresenta una legittima libera espressione personale, ma un atto formale che assume un ruolo istituzionale, perché il firmatario rappresenta lo Stato, che si dovrebbe rivolgere a tutti gli studenti, di destra, di sinistra, di centro, ecc. con una certa doverosa terzietà, rispettosa di tutte le opinioni.

La scuola non è un’azienda, non è “proprietà” privata del dirigente scolastico, come pure non è un servizio. È un’istituzione dello Stato che non deve essere ideologica e neppure governata da interessi o strategie di partito. Come Istituzione deve garantire parità di diritti e doveri a chiunque la frequenti.

Afferma il presidente dell’Associazione Nazionale Presidi: “il messaggio è stato di tipo educativo”, ma non c’è dubbio che la dirigente scolastica sia venuta meno al rispetto del principio di neutralità dell’azione didattica.

Cosa sarebbe successo se un tale “messaggio” fosse stato diffuso da un dirigente scolastico di parere opposto?

Il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara ha commentato la “missiva” in modo negativo: “È una lettera del tutto impropria. Mi è dispiaciuto leggerla, non compete ad una preside lanciare messaggi di questo tipo e il contenuto non ha nulla a che vedere con la realtà: in Italia non c’è alcuna deriva violenta e autoritaria, non c’è alcun pericolo fascista, difendere le frontiere non ha nulla a che vedere con il nazismo o con il fascismo”.

Il Ministro forse ha cercato di mettere in pratica quanto consigliato dall’ANP: “non avere le mani legate rispetto a docenti (vel dirigenti scolastici) contrastivi”.

Ciò non toglie che gli si debba esprimere solidarietà e indignazione per le minacce ricevute.

Carlo Zanni

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