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“Nostro figlio discriminato dalla scuola, non indossa la mascherina perché malato”, ma era tutto falso. Genitori condannati

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Falsi certificati da amici medici no-vax e calunnie nei confronti del preside, del vicepreside e del coordinatore di classe del figlio: questo quanto avrebbero fatto due genitori padovani di 61 e 56 anni che, come riporta Il Gazzettino, sono stati condannati lo scorso marzo a un anno e quattro mesi di reclusione ciascuno (pena sospesa). Ora sono state depositate le motivazioni della sentenza.

I genitori hanno accusato la scuola di discriminare il proprio figlio

L’obiettivo? Non far indossare la mascherina a scuola al proprio figlio. I due avrebbero calunniato la scuola parlando di discriminazioni nei confronti del ragazzo, studente in una scuola media, a loro dire estromesso da scuola e costretto alla didattica a distanza (dad) perché poteva indossare solo la visiera trasparente, rifiutata però dalla scuola, soffrendo di sinusite cronica recidivante.

Per sostenere la loro tesi avevano anche prodotto quattro certificati medici (di quattro medici diversi) che parlavano di varie malattie tali da impedire l’uso della mascherina al ragazzino. La coppia è così finita a processo per calunnia e falsità ideologica.

I medici sono stati sospesi

Il processo ha però rilevato “una situazione non conforme a quella denunciata” e “l’agire corretto della scuola”. Innanzitutto non è mai emerso che il bambino soffrisse di problemi respiratori e mai ne era stata avvertita la scuola. Anche i suoi pediatri erano all’oscuro di malattie respiratorie, né è emerso che il ragazzino sia mai stato sottoposto a esami specifici. Le uniche visite risultavano essere quelle dei quattro medici di Milano, Bologna, Pisa e Palermo: nessuno di loro è però riuscito a dimostrare di aver mai realmente visitato il bambino e i tabulati telefonici hanno smentito che il piccolo sia mai stato portato nei loro studi.

Tutti i medici sono noti per le loro posizioni no vax e due sono stati sospesi. Di contro è emerso che la scuola si è mossa al meglio, garantendo il diritto allo studio del minore e chiedendo pareri sul caso, tra gli altri, a Ulss e prefettura.