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Nuovo PEI, l’esonero da alcune discipline contraddice l’autonomia, bene ha fatto il TAR a censurarlo

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La sentenza del TAR Lazio che annulla il decreto ministeriale 182 sul nuovo modello di PEI continua a far discutere.

Sulle ragioni che hanno indotto il TAR ad accogliere il ricorso di diverse associazioni abbiamo già scritto anche se è bene ricordare che sotto l’aspetto procedurale la censura più rilevante riguarda il fatto che il Ministero aveva emanato il decreto in assenza di un atto preliminare del tutto essenziale, e cioè un decreto del Ministero della Sanità in materia di Profilo di funzionamento secondo l’ICF (classificazione internazionale della funzionalità).

Ma il TAR si è soffermato anche su altre questioni, tra cui il termine “esonero” presente nelle linee guida, che aveva prodotto vive discussioni tra le associazioni e gli insegnanti.

Il problema insomma non è solo di natura amministrativa. Abbiamo chiesto in proposito un parere a Raffaele Iosa, già dirigente tecnico, per molti anni responsabile dell’Osservatorio nazionale sulla disabilità.
Ma perché tutta questa confusione? Come è possibile che il Ministero commetta errori del genere?

Il problema è più ampio: c’è, purtroppo, una crisi della politica che non dà stabilità ai governi (tre ministri in questa legislatura), c’è un’amministrazione che lavora a vista, c’è un’iper-produzione di testi amministrativi super regolatori che dimenticano l’autonomia delle scuole nella didattica e nell’organizzazione,  c’è ormai nella disabilità (come in altre luoghi delle rappresentanze) una litigiosità e una continua richiesta di regolazioni rigide per la sfiducia  su un sistema scolastico in affanno.

Ma lei cosa ne pensa del DM 182?

Fin dall’inizio ho subito interpretato il Decreto come una “militarizzazione” dell’inclusione, con una serie di minuzie regolative esagerate che rispondono ad un’idea di giuridizzazione dell’inclusione, cioè che basti il comma e l’articolo perché tutto vada bene.

Certo, ma il Ministero ha il compito di fornire delle regole

La mia lunga esperienza mi porta a pensare che le norme debbono dire lo stretto necessario e dare fiducia alla pedagogia e all’autonomia delle scuole. Così le tante pressioni delle associazioni, il disinteresse dei sindacati (se non toccano l’orario degli insegnanti…), e forse anche (mi si dice) il desiderio della ministra Azzolina (già insegnante di sostegno) di mettere il sigillo su questo importante atto, hanno prodotto un testo sovrabbondante, che non fa mai riferimento all’autonomia delle scuole, ma produce l’ingessatura di procedimenti pesanti e complicati.

So che c’è un aspetto del decreto che a lei proprio non piace

E’ vero. La sentenza del TAR si sofferma su un tema che mi sta a cuore, e su cui in conclusione evidenzio la mia  critica verso un Decreto sovrabbondante e  militarizzato, poco pedagogico molto legalistico.
Il TAR considera grave che nel Decreto si chieda in tutti i PEI le discipline in cui un alunno con disabilità sia esonerato per i più svariati motivi. Il termine, ammettiamo è sgradevole, ma è anche fuori luogo. I presentatori del ricorso l’hanno chiamato discriminatorio e a rischio di legittimare questi esoneri.

Quindi con l’esonero non c’è solo il rischio di discriminare

Questo aspetto, certamente sgradevole, e che sembra messo più per calcolare le ore di sostegno che per elementi pedagogici, nasconde un vulnus che riflette su quanta confusione vi sia oggi nelle scuole circa l’idea di curricolo.

L’esonero messo nel testo rivela la mancanza di conoscenza (e promozione) di un’idea di curricolo non spezzettato in discipline separate l’una dall’altra. Ricordo, in più, che dalla scuola dell’infanzia alla fine della secondaria di primo grado non esistono le discipline in senso separato ma le “indicazioni nazionali” entro cui ogni curricolo di scuola può avere mescolamenti, integrazioni, interdisciplinarietà, specificità le più ricche e diverse.
Ricordo in più che ogni alunno con disabilità ha il “suo curricolo” nel PEI e che su questo verrà valutato non sulle discipline in senso stretto.

Quindi secondo lei non ha neppure senso parlare di esonero

Proprio così: l’esonero non esiste, se non nei docenti vecchio stampo della lezione frontale, del manuale e dell’interrogazione. Per questo la parola “esonero” mal posta nel Decreto dimostra anche un’ignoranza sul valore profondo dell’autonomia didattica, che ricordo è norma di rango costituzionale. L’esonero non esiste, esistono le attività che l’alunno realizza nella flessibilità didattica auspicata e prevista dall’autonomia. Dunque una richiesta di sbagliata dal punto di vista pedagogico ma che riflette un’idea tradizionalista di scuola pre-autonomia.