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Parole, parole, parole e… apprendimento

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Chi sta dentro la scuola, e probabilmente anche chi non ci sta, sa quanto la proprietà di linguaggio incida favorevolmente sugli apprendimenti. 
Un bambino che padroneggia agevolmente la sua lingua potrà permettersi di impiegare un minor tempo nello studio delle discipline e, nonostante ciò, riportare risultati apprezzabili.
Il linguaggio però non si acquisisce esclusivamente nel tempo della scuola, ma in tutta quella fase che precede l’ingresso nel mondo dell’istruzione formalizzata. I primi anni di vita e, particolarmente, quelli in cui fa la sua comparsa il linguaggio, sono determinanti al fine di poter prevedere, anche se in modo approssimativo, i futuri esiti scolastici.
Meno di cinquanta parole presenti nel vocabolario di un bambino di due anni possono destare qualche preoccupazione, mentre può essere considerato precoce un bambino che riesce ad usare più di cinquecento vocaboli. Si tratta di uno dei parametri ricavati da uno studio su un nuovo strumento in grado di valutare con maggiore affidabilità la normale evoluzione del linguaggio del bambino, in quella fase critica per lo sviluppo del vocabolario compresa fra i diciotto ed i trentasei mesi di età. Il nuovo test consente di individuare i casi da considerare al di sopra o al di sotto degli standard.
Il progetto, coordinato da Laura D’Odorico (Università degli Studi di Milano-Bicocca), si è articolato in otto diverse ricerche, tutte finalizzate ad identificare gli indici predittivi più adeguati alla valutazione del rischio di disturbi del linguaggio in età prescolare. Oltre ai fattori di rischio biologico(età gestazionale e peso alla nascita), è stato altresì considerato il ruolo di fattori relazionali, quali le caratteristiche dell’interazione precoce tra madre e bambino e la qualità di attaccamento. È stato inoltre approfondito il ruolo specifico svolto dal ritardo nelle prime fasi di acquisizione del vocabolario sulle fasi successive di sviluppo del linguaggio. Più in particolare, il progetto si è proposto di evidenziare, attraverso la valutazione delle competenze presenti nei primi due anni di vita in ambito cognitivo e comunicativo, l’interazione esistente fra specifiche condizioni di rischio alla nascita e atipicità dei profili di sviluppo nel determinare i disturbi del linguaggio in età prescolare.