La discussione sul tema della riforma delle pensioni è sempre in primo piano nell’agenda politica. I sindacati confederali, come già riferito dalla nostra testata, chiedono di far uscire tutti con 41 anni di contributi (per gli uomini si tratterebbe di quasi due anni prima) oppure con 62 anni e 20 anni di contributi (un anticipo più vantaggioso dell’attuale “Quota 100”).
Intanto, da sottolineare, che è stata nominata la commissione tecnica sulla riforma della previdenza: la ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo, ha firmato il decreto istitutivo del Tavolo tecnico di studio sulle tematiche previdenziali al quale è affidato il compito “di definire linee di indirizzo ed interventi di riforma del sistema pensionistico”.
L’obiettivo del governo è quello di inserire la correzione della legge Fornero nella Nota di aggiornamento del Def che il governo presenterà a settembre per poi dettagliare tutte le misure nella legge di Bilancio.
Altra questione sul tavolo riguarda la sostituzione come sostituire Quota 100, che scade alla fine del 2021, e che, se non si facesse nulla, aprirebbe la porta a uno scalone, visto che dal primo gennaio 2022 non si potrebbe più andare in pensione con 62 anni d’età e 38 di contributi, ma bisognerebbe aspettare di compiere 67 anni o di raggiungere 42 anni e 10 mesi di contributi indipendentemente dall’età (un anno in meno per le donne).
Il governo lavora su una flessibilità che parta da 64 anni più 38 di contributi, in pratica una Quota 102, sui però è netto il niet dei sindacati.
Sull’argomento, nelle scorse ore, è intervenuta l’ex ministro Elsa Fornero. Per Fornero nessuno si prende la responsabilità di dire al Paese che occorre ridurre la spesa pensionistica in quanto esiste un problema di sostenibilità finanziaria. E anzi attacca: “Ci vorrebbe una Greta Thunberg per il sistema previdenziale, qualcuno capace di creare la stessa passione creata da Greta sull’ambiente nei confronti dei temi dell’insostenibilità finanziaria, come temi che riguardano il futuro dei nostri figli”.
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