Il 2022 dovrebbe rappresentare l’anno per riformare il sistema pensionistico italiano.
La legge di bilancio nell’introdurre la quota 102 (64+38), la conferma dell’opzione donna e l’ape social, implementata con nuove categorie di lavoratori a rischio, ha lasciato aperto il confronto al fine di attuare una riforma stabile introducendo forme di flessibilità volte a superare la rigidità della riforma Fornero.
Il 16 febbraio 2022 l’incontro tra governo e sindacati, al fine di introdurre forme di flessibilità nel sistema pensionistico in modo da non penalizzare i lavoratori e nello stesso tempo di non dimenticare le future generazioni, non ha sortito a nessuna soluzione, anche se si è preso atto di una certa apertura da parte del governo.
Nell’incontro, i sindacati hanno avanzato due proposte la prima che prevedeva la possibilità di andare in pensione con 41 anni di contributi senza alcun altro vincolo, è stata completamente rigettata da parte del governo.
La seconda proposta che prevedeva la possibilità di andare in pensione all’età di 64 anni è stata accolta dal governo ma con la condizione di ridurre del 3% la quota per ogni anno mancante al raggiungimento dei 67 anni d’età.
I tre responsabili sindacali Cgil, Cisl e Uil se da un lato hanno apprezzato la
volontà del governo di modificare la legge Fornero prevedendo una riforma basata sul ricalcolo contributivo per le eventuali uscite anticipate, dall’altro hanno considerato eccessiva la riduzione del 3% per tutti i lavoratori che dovessero decidere di andare in pensione prima dei 67 anni.
In attesa di un nuovo incontro i rappresentanti sindacali così si sono pronunciati:
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