Nel consueto punto mensile della Cisl Scuola, la segretaria generale Ivana Barbacci affronta il tema del personale Ata:
“Erano più di 250mila nel 2008 le lavoratrici e i lavoratori che nella scuola svolgevano funzioni diverse dall’insegnamento. Per anni, per loro si è usato un’espressione in negativo per definirlo personale non docente, poi giustamente sostituito dall’acronimo Ata. Si tratta di un riconoscimento alla dignità del lavoro e delle persone che lo svolgono ma anche dell’importanza fondamentale che ha per l’andamento del sistema scolastico”.
“C’è su questo una giusta consapevolezza a livello politico e dell’opinione pubblica? Sicuramente no e basta un dato per dimostrarlo – spiega la segretaria generale – i 250mila posti in organico del 2008 con la manovra Berlusconi-Tremonti-Gelmini scesero in tre anni a poco più di 208mila. Le cose non sono andate meglio negli anni successivi con tanti governi di diversi colori, infatti nell’organico Ata i posti sono 204.449, 3.712 in meno rispetto al 2011. Nel frattempo sono aumentate davvero tanto le complessità e la gravosità del lavoro, dai collaboratori scolastici coinvolti oggi in mansioni di cura, l’accoglienza, la sorveglianza degli alunni agli assistenti amministrativi chiamati a svolgere compiti prima attribuiti ad altri uffici. Per gli assistenti tecnici se ne intuisce la rilevanza pensando allo sviluppo del digitale nella scuola. Per i Dsga pensiamo alla mole di impegni legati alla gestione dei fondi PNRR. C’è insomma l’esigenza di rafforzare quest’area di lavoro scolastico con organici adeguati e un reclutamento che favorisca la stabilità del lavoro”.
Di tutto questo si è occupata la Cisl Scuola nel dossier presentato ieri “Più valore al lavoro del personale Ata”.
“Per noi un obiettivo irrinunciabile, a partire dal nuovo contratto” conclude Barbacci.
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