Home I lettori ci scrivono Promuovere a prescindere, non fa il bene dello studente

Promuovere a prescindere, non fa il bene dello studente

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Ho sempre pensato che la scuola fosse un’oasi del sapere, nella quale potersi abbeverare, per uscire dal deserto dell’ignoranza, un male sociale che mette da sempre in crisi i valori della democrazia.

Il bene di un qualsiasi discente è lo studio serio e serrato, contro l’omologazione di massa e la “schiavitù” di alcuni status symbol, proposti da programmi televisivi demenziali,da giochi animati interattivi e dal chiacchiericcio a vuoto nei social.

Promuovere con scuse pseudo-umanitarie, anche quando si sa con certezza che non c’è stato il minimo sforzo, non si fa il bene dello studente o della studentessa, ma si dà il patentino per far fare sempre meno, calpestando il ruolo educativo della scuola, che deve far capire l’importanza del sacrificio, perché spesso lo si incontrerà nel corso della vita e così facendo non si è preparati a far superare le delusioni più crudeli.

Le promozioni di massa uccidono la curiosità, ma soprattutto la meritocrazia.

È vero, la DAD è stata penalizzante per tanti, ma i volenterosi non sono mancati, così come gli infingardi, che hanno trovato un forte e sicuro alibi nel nuovo e forzato modo di fare didattica.

La non promozione non dovrebbe essere vista come una punizione, ma come un momento di crescita e di presa di coscienza delle proprie responsabilità. Il comportamento paternalista e/o maternalista è una forma infida dell’autoritarismo che concede, col suo falso pietismo, un’apparente libertà.

Aiutare chi non ha grandi possibilità è un imperativo categorico di ogni docente, ma usare lo stesso parametro con coloro che considerano l’istruzione come un optional, non è giusto nei confronti dei meritevoli.

Oggi la scuola è ben lontana da quella di Barbiana, voluta da don Milani, che educava i giovani alla disobbedienza civile, all’informazione e controinformazione, alla non accettazione dei compromessi e a dire, come Cyrano: “No, Grazie!”.

Questa non è la scuola dell’inclusione, ma dell’arresa.

Una scuola del nozionismo non è utile a nessuno, tanto meno agli studenti poco volenterosi che si allontanano giorno dopo giorno dal sapere, che tanto la promozione ce l’hanno sempre in tasca.

Dovremmo ricordarci che la xenofobia, il razzismo, l’intolleranza i soprusi …, sono figli dell’ignoranza prodotta dal lassismo che la scuola dovrebbe combattere.

E smettiamola col raccontarci la storiella che i giovani siano senza valori, addossando a loro qualsiasi colpa, perché questi ragazzi e queste ragazze sono il risultato di ciò che la famiglia, l’Istituzione scolastica e la società in generale hanno prodotto.

Sarebbe proficuo che l’istruzione italiana puntasse ad una pedagogia dell’empatia e del desiderio, affinché la teoria della scuola inclusiva diventi realtà.

Il mio motto: Non solo braccia lavorative ma teste curiose e pensanti!

Mariangela Gallo