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Propositi per la scuola che verrà: l’urgenza di sottoscrivere un nuovo patto educativo

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È il momento dei buoni propositi. A poche ore dal nuovo anno, quali sono i nostri sogni per la scuola che verrà? Noi ne abbiamo uno, il padre di tutti i sogni, potremmo dire, perché se non si realizza questo, tutto il resto diventa irrealizzabile. Noi speriamo che nel 2024 si (ri)sottoscriva un forte e duraturo patto educativo tra scuola e famiglia.

C’è stato un tempo in cui il maestro o la maestra, più tardi il professore o la professoressa erano dei semidei per i bambini e i ragazzi italiani, la loro voce era il verbo, loro non potevano sbagliare! Le famiglie si fidavano della scuola e dai docenti accettavano i giudizi, anche quelli non lusinghieri sul profitto dei figli, affidati con fiducia all’istituzione Scuola.

Non vogliamo giocare a fare i nostalgici del buon vecchio passato. Quello che auspichiamo è che le famiglie tornino a considerare la Scuola come un luogo sicuro, in cui i loro figli acquisiscono conoscenze e competenze utili per diventare cittadini responsabili e lavoratori/professionisti seri e consapevoli.

Quando si è rotto questo patto? Per colpa di chi? Secondo un sondaggio Ipsos, presentato al congresso della Cisl nel mese di marzo del 2022 e riportato dal Corriere della Sera, la “colpa” sarebbe da attribuire ai docenti. Il 70% dei docenti intervistati, infatti, considera i genitori degli impiccioni sempre pronti a interferire nel lavoro degli insegnanti che mal sopporterebbero questo eccesso di invadenza negli affari scolastici.

Reciprocamente, sull’altro versante, tre genitori su quattro accusano i docenti di essere poco presenti , un altro buon cinquanta li giudica troppo severi con i propri figli.

Fin qui tutto rientrerebbe in una normale dialettica tra attori che fanno parte di un percorso comune e non convergono su alcuni punti. Il problema è quando si passa agli insulti e alle aggressioni.  E qui la “colpa” della rottura del patto sembrerebbe proprio da attribuire alle famiglie: i dati più recenti parlano di un episodio a settimana, da quelli più eclatanti come il caso della docente colpita in classe da due proiettili di gomma a quelli meno mediatizzati di docenti insultati e minacciati per un voto negativo o una nota sul registro.

Cosa fare allora? Com’è possibile pensare di ricomporre una situazione così compromessa?

Come sempre, in questi casi, per ristabilire l’unione e ripristinare il cosiddetto “patto educativo” occorre che entrambi i sottoscrittori facciano un passo verso l’altro: da un lato, una scuola seria e autorevole non deve temere la partecipazione attiva delle famiglie al percorso scolastico dei propri figli. Anzi, dovrebbe augurarsi che ciò accada; dall’altro, le famiglie devono imparare a considerare la scuola non come a una controparte, ma come a un’alleata. Devono proteggersi dalla sindrome, tipicamente italiana, della tuttologia. Quella, per intenderci, che spinge i tifosi a sentirsi commissari tecnici della nazionale e a suggerire la formazione all’allenatore e che fa credere ai genitori di potere esprimere una valutazione tecnica sui figli, in qualità di esperti in pedagogia e didattica.