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Proteste e fazzoletti bianchi contro la riforma della scuola

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Potrebbero essere almeno 100mila i docenti che nei prossimi giorni si presenteranno a scuola con un fazzoletto bianco al braccio: è quanto prevedono gli animatori di Didaweb e di alcuni altri siti Internet che nei giorni scorsi hanno promosso l’iniziativa, con lo scopo di convincere il Parlamento a modificare la legge di riforma sugli organi collegiali della scuola.
Ma non è solo la scuola reale a protestare: anche l’Anci, l’Associazione nazionale dei Comuni italiani, ha approvato il 7 marzo un lungo e articolato documento con il quale si prende posizione contro la riforma del sistema scolastico.

Le critiche maggiori si riferiscono soprattutto alla questione dell’iscrizione alla scuola dell’infanzia a due anni e mezzo e del conseguente anticipo a 5 anni e mezzo per le elementari.

Secondo gli Enti Locali questa norma potrebbe avere come conseguenza un aumento incontrollato della spesa pubblica oppure potrebbe costringere i Comuni ad aumentare le tariffe dei servizi scolastici (mense e trasporti) o a ridurre i servizi stessi.

I Comuni hanno già chiesto formalmente al Ministro di rivedere la legge prevedendo l’iscrizione degli alunni nati entro il 28 febbraio dell’anno successivo e non entro il 30 aprile come stabilito dall’attuale proposta.

Acque agitate anche in sede di Conferenza Stato-Regioni: Marche, Basilicata, Campania, Emilia-Romagna, Toscana e Umbria hanno espresso parere negativo sulla legge di riforma del sistema scolastico, sottolineando come il disegno di legge "non solo non identifica e non garantisce le risorse ordinarie necessarie al funzionamento a regime dell’intero sistema, ma non ne prevede neppure il trasferimento alle Regioni e agli Enti locali".

Ed anche dalle organizzazioni sindacali confederali arrivano critiche pesanti: i leader sindacali che hanno guidato la manifestazione di protesta svoltasi a Roma nella giornata di domenica 10 marzo chiedono al ministro Moratti di dare avvio al più presto alla trattativa contrattuale del personale della scuola e sottolineano come la legge di riforma degli organi collegiali diminuisca gli spazi di democrazia e di partecipazione all’interno delle scuole.